Morani, Amati e Bora (Pd) sull'aborto vietato in Usa: «Attacco alle donne, mobilitiamoci»

Morani, Amati e Bora (Pd) sull'aborto vietato in Usa: «Attacco alle donne, mobilitiamoci»
Morani, Amati e Bora (Pd) sull'aborto vietato in Usa: «Attacco alle donne, mobilitiamoci»
di Maria Cristina Benedetti
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Lunedì 27 Giugno 2022, 03:50

ANCONA Diritto negato, uguale discriminazione. Alessia Morani stabilisce l’equivalenza. «È il segnale di dove può arrivare la destra, liberticida». La parlamentare pesarese del Pd è netta: «La sentenza della Corte Suprema americana, che cancella l’aborto, fa un grand’effetto: nel 2022 nessuno si sarebbe aspettato dagli Usa, considerata terra di libertà, l’eliminazione di un diritto che da 50 anni poteva essere esercitato».

Incredula, ribadisce: «Provoca turbamento. È la dimostrazione che le conquiste fatte, soprattutto per le donne, non sono mai definitive. Occorre sempre lottare per mantenerle». Stigmatizza l’immagine-simbolo di quel tradimento. «Vedere Trump esultare - di sei giudici di quella Corte nominati da presidenti repubblicani tre sono stati indicati da lui - fa rabbrividire: è una vergogna. Meloni e Salvini non hanno neppure commentato quel gesto».


Le linee guida
Non nega i timori, la Morani: «Si può innescare un dibattito pericoloso».

Ripassa i passaggi più cupi: «Nella nostra regione l’obiezione di coscienza è a livelli altissimi, questo significa affievolire un diritto, quasi negarlo». Non tollera: «La nostra giunta ha scelto di non recepire le linee guida ministeriali del 2020 per l’impiego della pillola abortiva Ru486, non permettendone la somministrazione nei consultori, e restringendo a sole sette settimane di gestazione il limite massimo per effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza». Definisce “elusiva” Giorgia Latini, assessore regionale leghista alle Pari opportunità: «Parla della 194 solo dove tratta di aiuti e assistenza alle donne e non dove se ne riconosce il diritto all’autodeterminazione del proprio corpo». Va nelle pieghe più profonde: «I due terzi di coloro che ricorrono all’interruzione di gravidanza sono immigrate, ceti meno abbienti». Ribadisce il concetto espresso dal Fondo delle Nazioni Unite: la capacità delle donne di controllare ciò che accade al proprio corpo è legata allo status. «Una discriminazione».


Il passo indietro 
Non ha toni meno duri Manuela Bora. «La decisione della Corte Suprema è gravissima e intollerabile». Il consigliere regionale dem distingue: «Segna un passo indietro di decenni sul fronte del diritto alla libera scelta in merito alla interruzione volontaria di gravidanza e disarticola l’impianto federale degli Stati Uniti, ignorando la necessità di una legislazione statale unica sull’aborto in 50 possibili giurisprudenze differenti e contraddittorie tra loro». Azzarda la similitudine: «Una circostanza che può essere paragonata a quanto sta accadendo in Italia in questi ultimi due anni».

Decripta la sua convinzione: «A fronte di chiarissime e univoche linee guida del ministero della Salute, che allungano da 7 a 9 settimane di amenorrea il termine massimo per ricorrere all’aborto, e permettono la somministrazione della pillola RU496 anche nei consultori, alcune Regioni, tra le quali le nostra, stanno facendo orecchie da mercante. Non recepiscono le indicazioni». Dalle parole ai fatti: «Su entrambe le questioni ho sollecitato la Giunta Acquaroli con numerosi atti ispettivi, interpellanze, interrogazioni, mozioni. Ma niente». La sua incitazione: «Le Marche dovrebbero non solo uniformarsi al resto del Paese, ma anche rilanciare sull’obiezione di coscienza. Basti pensare che in intere province, come quella di Fermo, è praticamente impossibile abortire, e in molti presidi ospedalieri, come il “Carlo Urbani” di Jesi, l’obiezione è al 100%. Inaccettabile». Torna ad alzare le barricate, la Bora: «Credo sia giunto il tempo di tornare a una mobilitazione ancora più imponente e incisiva di fronte a questo attacco globale contro le donne».


Il contrasto 
Va di slogan, Silvana Amati. «Sarò sempre contro l’idea che si possa mettere in discussione la libertà di scelta delle donne». La sterzata antiabortista della Corte americana per l’ex senatrice Pd diventa emblema e metafora di «un mondo che continua ad andare indietro». Un mondo che, è la sua liturgia di contrasto, «va in direzione della guerra, accetta l’estradizione di Julian Assange, che difende la libertà di stampa, e rinnega l’aborto». Traccia il solco: «Sono tutte cose di destra». Torna a dire: «Vedo dilagare una propaganda di guerra. Che uno stato come gli Usa, esportatore di libertà, neghi alle donne quella di scegliere, e nel contempo continui a vendere armi a chiunque è una gravissima contraddizione». Indica un’altra linea di demarcazione: «In Italia, per fortuna, abbiamo una legge, anche se siamo consapevoli che per farla funzionare davvero sarebbe necessario abbassare il numero dei medici obiettori di coscienza». A iniziare dalle Marche. 
Maria Cristina Benedetti
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