Oseghale condannato all’ergastolo, le motivazioni della Cassazione: «Pamela è stata anche violentata, reagì a un rapporto non protetto»

Oseghale condannato all’ergastolo, le motivazioni della Cassazione: «Pamela è stata anche violentata, reagì a un rapporto non protetto»
Oseghale condannato all’ergastolo, le motivazioni della Cassazione: «Pamela è stata anche violentata, reagì a un rapporto non protetto»
di Benedetta Lombo
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Mercoledì 15 Maggio 2024, 02:45 - Ultimo aggiornamento: 12:23

MACERATA Depositate le motivazioni della sentenza con la quale i giudici della Cassazione lo scorso gennaio hanno respinto il ricorso bis avanzato dai difensori di Innocent Oseghale, facendo diventare così definitiva la condanna all’ergastolo per il 35enne nigeriano che il 30 gennaio del 2018 violentò, uccise e fece a pezzi la 18enne romana Pamela Mastropietro.

La ricostruzione

Il delitto avvenne nell’appartamento mansardato in cui lo straniero viveva, in via Spalato, ma i resti della 18enne furono trovati il mattino del giorno successivo in due trolley lasciati sul ciglio della strada a Casette Verdini di Pollenza.

In precedenza i giudici romani avevano accolto parzialmente il ricorso dei difensori, gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, rinviando ai colleghi della Corte d’Assise di Appello di Perugia per decidere sul riconoscimento o meno dell’aggravante della violenza sessuale. La questione era nata da una contraddittorietà di fondo: in primo grado i giudici avevano ritenuto che la violenza sessuale nei confronti di Pamela Mastropietro fosse stata consumata approfittando delle condizioni di inferiorità psichica di Pamela che aveva appena assunto eroina e che soffriva di patologie pregresse (ci sarebbe dunque stato un approfittamento da parte del nigeriano perché Pamela non era in grado di esprimere un eventuale consenso), mentre i giudici di secondo grado avevano ritenuto che la violenza sessuale si sarebbe consumata dopo il rifiuto di Pamela ad avere un rapporto non protetto (in questo caso ci sarebbe stata una costrizione con Pamela che era in grado di scegliere le modalità del rapporto) per poi però riprendere la circostanza della condizione di menomazione psichica della ragazza. A Perugia i magistrati giudicanti riconobbero la sussistenza dell’aggravante, Pamela «non avrebbe mai potuto acconsentire – né aveva acconsentito – ad un rapporto sessuale non protetto con l’imputato», avevano scritto in motivazione condannando Oseghale all’ergastolo. Ma i difensori portarono di nuovo il caso all’attenzione della Cassazione che a gennaio aveva respinto il ricorso, motivando successivamente che «la violenza sessuale commessa mediante induzione per abuso delle condizioni di inferiorità fisica e psichica non è incompatibile con un’imputazione di violenza sessuale commessa con costrizione fisica e psichica, nel senso che, nel caso in esame, vi sia stata la violenza fisica per ottenere inizialmente un rapporto non protetto, con la resistenza della vittima successivamente vinta anche grazie all'effetto dello stupefacente poco prima assunto, che rendeva sempre più flebile il contrasto della donna». I giudici romani hanno poi evidenziato che «il consenso al rapporto deve permanere per tutta la durata dello stesso, cosicché correttamente la Corte territoriale (Ancona, ndr) rileva come l’originaria disponibilità della donna al rapporto sessuale come controprestazione per l’acquisto dello stupefacente (Oseghale, aveva messo in contatto Pamela con un suo connazionale per acquistare una dose di eroina, ndr), fosse condizionata, per l’usuale utilizzo dei profilattici da parte della stessa, alla natura “protetta” del congiungimento. Venendo certamente meno tale condizione, per quanto attestato dal rinvenimento delle tracce biologiche dell’imputato sul corpo della donna, non è manifestamente illogico ritenere che sia venuto meno il consenso al rapporto con le forme non protette».

L’elemento

Altro elemento preso in considerazione è la collocazione del rapporto sessuale, per Oseghale avvenuto nel sottopasso dei Giardini Diaz, per l’accusa nell’appartamento del nigeriano. Per i giudici l’unica ragione per posticipare la dazione della dose e accogliere la ragazza nell’abitazione era quella di consumarvi un rapporto sessuale, altrimenti se il rapporto (quale pagamento della dose) fosse avvenuto nel sottopasso, Pamela avrebbe potuto assumere lo stupefacente all’esterno dell’abitazione.

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