I ricordi
Sembra di sentirlo ancora oggi, l’eco di quelle immense reunion di famiglia - ricorda il primo cittadino: «Vengo da una famiglia di lunga tradizione civitanovese: anni e anni di Ciarapica condensati in un nuvolo di persone, per la stragrande maggioranza di sesso maschile - ride - il mio bisnonno si è sposato per tre volte, mettendo al mondo tanti figli che, a loro volta, hanno dato vita ai tanti nuclei familiari di Ciarapica sparsi per tutta la città. E a casa mia, non c’è stata certo l’eccezione: oltre che con me, mia madre Novella ha dovuto fare i conti con mio padre Raoul e con i miei fratelli Marco e Cristian. Tre bei Ciarapica che, fortuna per lei, non sono mai stati tipi scapestrati». Il segreto, confessa il sindaco, è tutto raccolto nella sua infanzia e in un’educazione che, da quegli anni e da quella rete di ricordi dolci e sfumati, giunge indissolubilmente fino a oggi.
«Devo tantissimo ai miei genitori e agli insegnamenti che mi hanno impartito in tenera età. Io sono sempre stato un tipo equilibrato, responsabile, quello con la testa sulle spalle, a casa, a scuola come con gli amici. Nel gruppetto di miei coetanei e vicinati del quartiere Risorgimento, dove sono cresciuto e dove ogni pomeriggio significava sbrigare il prima possibile le faccende di studio e poi correre fuori e divertirci con un pallone o con la sola forza della fantasia e di una creatività smisurata che trasformava ogni cantiere in una pista per biciclettate spericolate, ero io il fratello maggiore di tutti, perché tutti mi riconoscevano questa misura.
C’è un momento preciso, però, in cui nella famiglia Ciarapica la parole diventano tante, una moltitudine felice che si fa rumore, allegria, che sa di casa, di bellezza vera, di legami indissolubili. Quelle voci sono le colonne sonore di estati intere anzi, per la precisione, di una parentesi d’estate che però vale per tutta una stagione.
«Ogni anno, con la mia famiglia allargata di tanti Ciarapica, andavamo un mese in vacanza a Montemonaco. Mio padre per anni ha lavorato alle Officine meccaniche Cecchetti ed era quello che tutti chiamavano un cecchettaro. Da bambino le sue estati erano segnate dalle colonie che venivano organizzate a Montemonaco, un ricordo che ha portato sempre nel cuore e ha nutrito intensamente per tutta la vita. Così tanto da decidere, assieme ai fratelli e ai suoi cugini, ogni anno di ripetere l’esperienza e portare fin lassù tutta una banda di bambini rumorosi e desiderosi solo di giocare all’aperto e divertirsi. Eravamo una vera tribù immensa, una baraonda di voci, di idee, di avventure, di un divertimento forte ma genuino consumato alla luce del sole. Ricordo con tantissimo affetto le belle giornate passate insieme: ci si alzava presto, si faceva colazione poi via a giocare a pallone o a tutto quello che ci suggeriva la fantasia. Ci pervadeva un senso di famiglia, di unione e di comunione senza pari, alimentato dalla dolcezza di un panorama senza tempo. E oggi, come allora, nei ricordi non è cambiato nulla».