Porto Sant'Elpidio, scatta il blitz
Sequestro di scarpe e tre indagati

Guardia di Finanza
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Mercoledì 1 Giugno 2016, 12:25
PORTO SANT'ELPIDIO - Maxi sequestro di scarpe e accessori da parte della Guardia di finanza in un calzaturificio di Porto Sant'Elpidio. E spuntano anche tre indagati per contraffazione. Le Fiamme gialle del gruppo di Fermo, guidate dal maggiore Roberto Tullo, hanno chiuso il cerchio su una maxi operazione che, coordinata dal procuratore capo di Fermo, Domenico Seccia, ha portato al sequestro di quasi 5 mila oggetti, tra calzature, accessori e scatole, in un'azienda elpidiense.
 
Tutto parte da una segnalazione arrivata ai finanzieri fermani. L'antefatto: una nota azienda del Bolognese ha chiesto al calzaturificio locale di produrre circa 500 calzature con il suo marchio. Commissione accettata e produzione partita immediatamente. Ma a seguito di una segnalazione, le Fiamme gialle hanno subito capito che qualcosa non tornava nei quantitativi in lavorazione. In pratica il sospetto era che il calzaturificio elpidiense stesse producendo molti più articoli rispetto a quelli realmente commissionati e per i quali la società emiliana aveva rilasciato l'autorizzazione. E così sono immediatamente partiti accertamenti e perquisizioni che hanno portato la Finanza ad alzare il sipario sulla produzione illegale: nel loro blitz i finanzieri hanno scovato quasi 5 mila articoli tra etichette per calzature, scarpe pronte per essere confezionate, scatole, calzature semi lavorate e una montagna di carta velina di quella utilizzata per avvolgerle. Insomma, dai circa 500 pezzi commissionati ci si è trovati davanti a una produzione praticamente decuplicata che ha confermato i sospetti degli investigatori.

A quel punto i finanzieri hanno sequestrato tutto il materiale e anche alcuni macchinari dell'azienda utilizzati nella produzione specifica. Sigilli indispensabili anche per evitare la reiterazione del reato. Al momento tre persone risultano indagate. Su di loro peserebbe il reato di contraffazione. Ma le indagini sono ancora in corso. Gli inquirenti vogliono anche capire dove e a chi erano destinati i 4.500 pezzi in esubero. E in quel caso potrebbero scattare anche la ricettazione e il commercio di prodotti falsificati. 
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