Montegranaro, lo sfogo di Croceri
«Mio figlio ucciso, aspetto giustizia»

Montegranaro, lo sfogo di Croceri «Mio figlio ucciso, aspetto giustizia»
di Lolita Falconi
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Lunedì 6 Febbraio 2017, 13:24
MONTEGRANARO - «Non approvo ciò che quel giovane di Vasto ha fatto, la violenza usata contro l’investitore di sua moglie non si giustifica in alcun modo. Nessuno ha il diritto di togliere la vita a un altro essere umano. Tuttavia, comprendendolo emotivamente visto che vivo una situazione analoga, mi sono fermato a riflettere e sono giunto alla conclusione che ormai siamo in un mondo in cui non ci sono più valori, in cui stiamo perdendo moralità e sensibilità e si fa fatica a chiedere scusa». Mario Croceri è il papà di Francesco, un ragazzo di 18 anni morto in un incidente stradale avvenuto la sera del 31 marzo 2014. Era stato a lezione di scuola guida, stava tornando a casa in motorino quando venne travolto e ucciso da un’auto che ha tagliato la curva e invaso la sua corsia.
Nel 2015 è arrivata la sentenza di patteggiamento. Per il conducente dell’auto una condanna a un anno e due mesi di reclusione con pena ovviamente sospesa. L’unica sanzione accessoria sono stati i due mesi di sospensione cautelare della patente inflitti d’ufficio dalla Prefettura subito dopo l’incidente. Ma da quell’uomo, racconta papà Mario, «mai una scusa, mai un gesto gentile nei nostri riguardi. Non l’avrei perdonato, sono sincero... il perdono per avermi ucciso un figlio in quel modo? Non esiste per me». Ma almeno, forse, quel gesto avrebbe aiutato la famiglia di Francesco, sarebbe stato come balsamo per il loro dolore.
 
Il dramma di Vasto «è analogo al nostro», prosegue Mario Croceri che ora, dopo aver cambiato legale, ha riavviato una battaglia giudiziaria su quanto accaduto in quella tragica sera. «Purtroppo nel caso di Vasto, secondo il mio parere, una responsabilità, per quello che è accaduto, è in parte da attribuire ai genitori del ragazzo ucciso. In quanto genitori, dovevano immedesimarsi nella parte opposta: come avrebbero reagito loro vedendo la persona che ha ucciso un proprio caro e la rispettiva famiglia non degnarsi di chiedere perdono? Ormai viviamo in una società priva di sensibilità nei confronti del dolore altrui». 

Mario torna poi sulla sua storia. «L’omicida stradale di mio figlio - dice - si è comportato in un modo analogo, mai si è presentato per chiedere perdono, è andato avanti come nulla fosse successo. Per quanto distrutto dal rimorso di aver tolto la vita a un ragazzo per la sua guida spavalda, dopo dieci giorni dall’incidente è andato ad esibirsi in un locale della zona, ridendo, scherzando. Ma la cosa più riprovevole è che ad incitarlo c’erano persone del mio paese, consapevoli di quello che aveva fatto. Per nostra sfortuna lo abbiamo avuto vicino di casa fino a marzo, lo abbiamo visto ridere, lavorare, divertirsi, senza mai preoccuparsi dei nostri sentimenti. Mai un cenno, un gesto, una parola gentile».

Il problema, secondo Mario Croceri, è di due tipi. Il primo riguarda la giustizia, che è lenta, farraginosa, complicata, per azzeccagarbugli. «Può essere giusta la condanna di un anno e due mesi per l’omicidio di un ragazzo che aveva ancora davanti tutta la vita? Può essere sufficiente la sospensione di due mesi della patente per poi riaverla come niente fosse?», si chiede papà Mario commuovendosi. Il secondo problema riguarda un aspetto più complesso ovvero la perdita del rispetto che vuol dire rispetto dell’altro, del dolore, rispetto dei sentimenti e della sofferenza. «Noi, per fortuna abbiamo avuto la vicinanza dei nostri familiari, degli amici di Francesco. Andiamo avanti per nostra figlia anche se nulla è più come prima. Dopo la morte di un figlio non si riesce più a gioire per niente, neppure per i risultati e i traguardi della sorella, il dolore soffoca tutto. Io sono contro la vendetta personale e non so gli attriti che ci sono stati nella vicenda di Vasto - conclude Mario Croceri -. Però l’investitore era giovane e secondo me non è stato guidato ad affrontare questo dramma. Ho letto che era seguito da medici e specialisti ma lo psicologo migliore che può avere un figlio, sono i propri genitori che debbono tornare a svolgere il loro ruolo. Partecipare al dolore degli altri, specie quando si è la causa di quel dolore, è il primo fondamentale passo».
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