Fermo, l'arcivescovo Luigi Conti
"L'accoglienza va sempre fatta"

Un momento della presentazione del libro dell'arcivescovo Conti
Un momento della presentazione del libro dell'arcivescovo Conti
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Domenica 13 Marzo 2016, 09:31

FERMO - “Ci sono troppi preti” afferma, a un certo punto, monsignor Luigi Conti, arcivescovo di Fermo, citando poi il cardinale Biffi (“Quando il signore tornerà, non ci troverà uniti ma riuniti”), dispensando autoironia (“E’ una peccato scrivere un libro nella mia età avanzata: una penitenza”) e, in generale, andando sempre dritto al punto con aderenze alla cronaca di questi giorni e di questi tempi, durante la presentazione del suo libro, intitolato “Il grembo della Chiesa. La comunità cristiana e le vocazioni”.

Quattro capitoli in cui c’è la Chiesa fermana che gli ha dato “tante testimonianze sul piano della carità e dell’accoglienza” anche se questa resta un “tema critico anche dentro la chiesa, non solo fuori. Perché non è sempre chiaro per tutti che l'accoglienza e la carità vanno fatte sempre”. Più che un libro una “conversazione spirituale”, un contributo al rinnovamento degli itinerari formativi, dettato dall’esperienza di un presbitero-parroco, rettore di Seminario e vescovo. Ne nascono spunti molteplici, che spalancano finestre con visuali nitide. Anche quando, a margine, parla di “cosa ingrandita” in relazione alle bombe carta esplose in Duomo e a San Filippo, “perché è sulla comunità che ripongo la mia fiducia” e “perché è necessario non solo accogliere e aiutare il prossimo, ma riuscire a far comprendere lo spirito di quel che si fa”. Un episodio, descritto nel libro, chiarisce: “Due musulmani mi hanno chiesto il battesimo. Ho chiesto se avessero letto il vangelo. Loro mi hanno detto no: l’abbiamo visto applicato”. 

Per monsignor Conti, alla presentazione organizzata con l'Azione Cattolica dell'Arcidiocesi di Fermo e il Centro Culturale San Rocco, il vescovo deve avere “umiltà, perché non è un super uomo e deve saper respirare lo spirito della sua comunità: io ci sono riuscito”. Poi, la sottolineatura su come si debba “raccontare la fede, metterla in comune”, operazione che può anche andare male come “quando una coppia di sposi non comunica”. Ed eccolo andar dritto al punto, l’arcivescovo, quando dice che è “davvero convinto che la vita in comune dei preti può e deve essere un processo di riforma, di forma nuova, della chiesa” o quando rimarca che “la mancanza di vocazioni non è una iattura ma una benedizione: ci sono troppi preti. E il diaconato permanente nella nostra chiesa ha avuto uno straordinario sviluppo”. Poi, l’immagine evocativa: “Oggi sono entrati i ladri a casa nostra e ci hanno rubato tutto: il silenzio, la preghiera, il dialogo tra sposi, genitori e figli. Bisogna recuperare il dialogo”

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