Contrordine. Nel giro di una settimana, il ministro Sangiuliano ha dapprima annunciato un megataglio (100 milioni, a fronte dei 35 richiesti espressamente dal ministro dell’Economia Giorgetti) dei fondi destinati al cinema, quindi se lo è rimangiato quasi per intero. E il cinema ha smesso di essere una “mangiatoia” (parola del ministro) per tornare a essere quel che è: la più importante industria culturale del Paese. Salutato con favore il dietrofront ministeriale, vediamo di completare il discorso cominciato la settimana scorsa circa i modi più opportuni di impiegare le risorse pubbliche. In sintesi, come detto l’altra volta: finanziare meno (titoli), finanziare meglio. Sul sovvenzionare meno produzioni non so se Ministro & Co. siano d’accordo, fino a poche settimane fa sembrava, ahimè, di no, sarebbe bello ci ripensassero: si tratterebbe di limitare se non proprio evitare il magna magna (che c’è sempre, quando di mezzo ci stanno i soldi pubblici, e però definire mangiatoia l’intero mondocinema non va bene). Sul meglio poi bisogna intendersi. Da mesi, Sangiuliano e i suoi più stretti collaboratori lamentano i cattivi risultati al botteghino dei film italiani. Che siano deludenti, non ci piove. Prima della pandemia, la quota di mercato delle nostre produzioni ammontava a circa il 30%. Ora la torta è un po’ più piccola (ottobre è andato piuttosto male, sarebbe tempo di archiviare gli entusiasmi estivi) mentre la quota di mercato dei film italici gravita attorno al 20%. La ricetta prospettata in alto loco per invertire la tendenza: incoraggiare, concentrando lì i pubblici quattrini disponibili, la realizzazione di opere orientate al grande pubblico. Che sia la strada giusta, dubito. Punto primo. Manco i mogul di Hollywood, con tutte le sofisticatissime ricerche di mercato che commissionano, riescono con certezza a stabilire se un film avrà successo oppure no. Ogni stagione c’è un bel numero di successi annunciati che floppano alla grandissima. E di film su cui nessuno avrebbe scommesso un cent e invece sbigliettano bene. Il pubblico è imprevedibile, cambia gusti repentinamente. Punto secondo. Non è affatto vero che oggi si producano pochi film destinati al grande pubblico.
* Opinionista e critico cinematografico