Cobot, frontiera dell’innovazione: un salto culturale per le imprese

Cobot, frontiera dell’innovazione: un salto culturale per le imprese

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 1 Novembre 2023, 06:00

Nell’ambito delle attività del PID, il Punto Impresa Digitale della Camera di Commercio delle Marche, la scorsa settimana si è svolto un incontro sui robot collaborativi presso la sede di Jesi di i-Labs Industry, il laboratorio co-finanziato dalla Regione Marche con l’obiettivo di consolidare la collaborazione tra università e imprese sulle tecnologie per la produzione flessibile. I robot collaborativi, detti per questo cobot, possono considerarsi la frontiera dell’automazione. Si tratta di macchine in grado di lavorare in collaborazione con le persone, garantendo a queste ultime la massima sicurezza nell’interazione.

Le attività sono le più svariate: può trattarsi di operazioni semplici e ripetitive ma anche di operazioni complesse che i cobot sono in grado di apprendere e riprodurre. Queste capacità erano un miraggio della fantascienza fino a qualche anno fa ma stanno diventando realtà grazie allo sviluppo delle tecnologie digitali. L’incontro è stata l’occasione per ‘toccare con mano’ (nel senso letterale del termine) alcuni cobot in attività. E’ stata anche l’occasione per conoscere con maggiore dettaglio i servizi offerti non solo dal PID e da i-Labs Industry ma anche da altri soggetti, pubblici e privati, che operano in questo ambito: EDIH4Marche (il Digital Innovation Hub regionale) e le imprese partner di i-Labs Industry che svolgono un ruolo di system integrator di queste tecnologie, al fine di adattarle alle esigenze delle imprese.

Questa rete di soggetti pubblici e privati è fondamentale per favorire la transizione digitale ed ecologica delle imprese regionali. In questo momento non mancano gli incentivi finanziari per sostenere l’innovazione; ve ne sono a livello nazionale e regionale. A differenza del passato, però, per innovare non è sufficiente acquistare la tecnologia.

Le tecnologie digitali comportano cambiamenti consistenti nei processi aziendali, nelle competenze del personale, nei prodotti e in qualche caso anche nel business model. A maggior ragione se alla transizione digitale si associa, come avviene sempre più di frequente, l’obiettivo di migliorare la sostenibilità ambientale. Per questo, soprattutto nel caso delle piccole imprese risultano essenziali i servizi di informazione e sensibilizzazione sulle nuove tecnologie (come l’incontro citato all’inizio dell’articolo), quelli di valutazione della maturità digitale, fino all’accompagnamento nell’implementazione delle nuove soluzioni.

Nell’articolo di lunedì scorso su questo giornale il collega Marco Cucculelli evidenziava il ritardo accumulato dal sistema produttivo regionale nella transizione digitale; un ritardo che riguarda soprattutto le piccole imprese.

Il problema, come prima ricordato, non è nella disponibilità finanziaria ma in quella che gli studiosi dell’innovazione chiamano ‘capacità di assorbimento’: cioè la capacità di identificare, adattare e utilizzare al meglio le nuove tecnologie.

Data la complessità delle tecnologie digitali, la capacità innovativa delle imprese è sempre più dipendente dal contesto territoriale nel quale le imprese sono inserite. Come sopra evidenziato, il sistema regionale dell’innovazione è ricco di soggetti pubblici e privati che operano in questo ambito e in sinergia fra loro. Essi possono svolgere un ruolo rilevante per elevare la ‘capacità di assorbimento’ delle nostre imprese, a patto che gli imprenditori prestino loro la dovuta attenzione. L’efficacia dell’offerta dipende, infatti, anche dalla quantità e dalla qualità della domanda che arriverà dalle imprese.

Per molte delle nostre imprese si tratta di un modo completamente nuovo di fare innovazione, non più attraverso il ‘learning by doing’ all’interno dell’impresa o acquistando una nuova macchina, ma sviluppando le relazioni con i soggetti in grado di adattare le nuove tecnologie alle loro esigenze. Questo comporta anche la necessità di formare in modo adeguato il capitale umano presente nell’impresa. In entrambi i casi di stratta di un salto culturale. La rete dei soggetti prima richiamata può aiutare le imprese, soprattutto le piccole, a contenere i rischi di questo salto; ad essa gli imprenditori regionali farebbero bene a prestare maggiore attenzione.

* Docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche e coordinatore della Fondazione Merloni

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