«Si organizzino momenti di preghiera con adorazione eucaristica e con il rosario alla Vergine Santissima… È questo il modo in cui ci ritroviamo tutti riuniti, nonostante tutto, e incontrarci nella preghiera corale, per consegnare a Dio Padre la nostra sete di pace, di giustizia e di riconciliazione». È l’accorato invito del cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei latini, che ha annunciato per martedì prossimo, il 17 ottobre, una giornata di digiuno e di preghiera per la grave situazione in Medio Oriente.
Dopo mesi di atroci stragi in Ucraina, è ora la feroce esplosione di violenza in Terra Santa a confermare quanto la guerra sia un’inaccettabile sconfitta per l’umanità. Nessuno esce vincitore da un conflitto. Sono trascorsi oltre sessant’anni dalla storica enciclica Pacem in terris e risuona tragicamente attuale l’appello di Papa Giovanni XXIII a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Da Gaza e Israele rimbalzano immagini devastanti che testimoniano l’accumularsi di immense sofferenze e lo scatenarsi di una cieca violenza che rischia di infiammare l’intero Medio Oriente.
Tutto intorno dilaga un clima diffuso di sospetto e di diffidenza. L’odio e la rabbia penetrano nel cuore e nella mente di intere generazioni, creando divisioni che sembrano destinate a durare nel tempo. Milioni di persone nella terra sacra per i tre monoteismi sono costrette a vivere nell’incubo costante che un’aggressione o un incidente possano scatenare il più cruento degli scenari bellici mettendo a repentaglio il futuro stesso di due popoli. In un momento così doloroso anche i mass media hanno una responsabilità irrinunciabile affinché le parole non alimentino ulteriormente l’incendio. Per esempio identificare l’insieme dei palestinesi con Hamas è un macroscopico e inaccettabile errore così come lo è negare che Israele sia una democrazia al cui interno ferve il dibattito sulle cause e le risposte a quanto sta accadendo. In ogni angolo del pianeta i pilastri della pace poggiano sulla comune appartenenza alla famiglia umana ed è compito di ciascuno di noi illuminare l’aspirazione condivisa a vivere in sicurezza, giustizia e speranza per il futuro.
La giustizia fermerà le armi in Terra Santa se ogni israeliano e palestinese concretamente rispetterà i diritti altrui e si sforzerà di adempiere pienamente i propri doveri verso gli altri. «L’amore diventa fermento di pace se la gente sentirà i bisogni degli altri come propri e condividerà con gli altri ciò che possiede, a cominciare dai valori dello spirito», evidenzia profeticamente la Pacem in terris.
La Santa Sede, a tutti i livelli di confronto tra gli Stati, non smette di ribadire come la difesa sovranazionale dei diritti umani sia il presupposto indispensabile per la promozione e la difesa della sicurezza globale. Se una parte del corpo è dolorante, l’intero organismo soffre. È la vocazione alla pacificazione che spinge Papa Francesco a fare appello alle coscienze mentre infuriano le operazioni militari tra missili e raid: «In Israele la violenza è esplosa ferocemente provocando centinaia di morti e feriti. Gli attacchi di armi si fermino, per favore e si comprenda che il terrorismo e la guerra non portano ad alcuna soluzione, ma solo alla morte di tanti innocenti. La guerra è sempre una sconfitta».