Yara, le motivazioni della condanna
"Bossetti ha ucciso perché respinto"

Yara, le motivazioni della condanna "Bossetti ha ucciso perché respinto"
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Mercoledì 28 Settembre 2016, 13:34 - Ultimo aggiornamento: 14:41
BERGAMO - Delitto Yara Gambirasio, ecco le motivazioni della sentenza di condanna di Massimo Bossetti. Per i giudici della Corte d'Assise di Bergamo, che hanno condannato all'ergastolo Massimo Bossetti, l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio è «maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell'imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora». La Corte lo scrive nelle 158 pagine di motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo di Bossetti. 

Quello di Yara Gambirasio è stato un «omicidio di inaudita gravità». Lo scrivono i giudici di Bergamo nelle motivazioni della condanna all'ergastolo di Massimo Bossetti.

I giudici della Corte d'Assise di Bergamo, condannando all'ergastolo Massimo Bossetti per l'omicidio di Yara Gambirasio spiegano che l'aggravante della sevizia e crudeltà «disvela l'animo malvagio» dell'imputato. «Le sevizie in termini oggettivi e prevalentemente fisici - scrivono - la crudeltà in termini soggettivi e morali di appagamento dell'istinto di arrecare dolore e di assenza di sentimenti di compassione e pietà».

DNA ASSOLUTAMENTE AFFIDABILE È «assolutamente affidabile» il profilo genetico nucleare di Ignoto 1, che le indagini hanno stabilito essere Massimo Bossetti, in quanto «caratterizzato per un elevato numero di marcatori Str e verificato mediante una pluralità di analisi eseguite nel rispetto dei parametri elaborati dalla comunità scientifica internazionale». Così i giudici della Corte d'Assise di Bergamo, chiariscono uno dei punti contestati dalla difesa ovvero la procedura adottata per identificare il Dna di Ignoto 1, nelle motivazioni della sentenza con cui hanno condannato il muratore bergamasco all'ergastolo. 

«È la presenza del profilo genetico dell'imputato - scrive la Corte presieduta da Antonella Bertoja - a provare la sua colpevolezza: tale dato, privo di qualsiasi ambiguità e insuscettibile di lettura alternativa, non è smentito nè posto in dubbio da acquisizioni probatorie di segno opposto ed anzi è indirettamente confermato da elementi ulteriori, di valore meramente indiziante, compatibili con tale dato e tra loro».
 
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