Yara, il Pm ha chiesto l'ergastolo
per Bossetti e sei mesi di isolamento

Massimo Bossetti
Massimo Bossetti
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Mercoledì 18 Maggio 2016, 19:55 - Ultimo aggiornamento: 20 Maggio, 15:23

BERGAMO - "Ergastolo e sei mesi di isolamento". È la richiesta del pm di Bergamo, Letizia Ruggeri, per Massimo Bossetti, accusato dell'omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra, Yara Gambirasio. 

Massimo Bossetti, accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio «non è meritevole di nessun tipo di attenuanti, neanche generiche». Lo sottolinea nella sua requisitoria il pm di Bergamo, Letizia Ruggeri, che ha chiesto per Bossetti la condanna all'ergastolo con isolamento diurno per sei mesi.

L'imputato agì con crudeltà ed efferatezza. È quanto sostiene il pm che ha chiesto la condanna all'ergastolo per l'uomo imputato del delitto di Yara Gambirasio. L'imputato «ha voluto arrecare particolare dolore e ci è riuscito con un'agonia particolarmente lunga ha ecceduto» contro la vittima cagionandole «sofferenze eccessive» fino ad arrivare «efferatezza».

Secondo il pm di Bergamo, Letizia Ruggeri, su Yara Gambirasio «si è voluto infliggere particolare dolore e ci si è riusciti». Il pubblico ministero lo ha detto per motivare l'aggravante, nei confronti di Massimo Bossetti, delle sevizie e della crudeltà. Per il pm «non vi è dubbio che l' omicidio sia volontario». «Abbandonandola in quel campo - ha aggiunto - si è causata volontariamente la morte» della ragazzina.



"INCONTRO FATALE VICINO CASA VITTIMA" Il pm, nella sua requisitoria al processo per l'omicidio di Yara Gambirasio, pur spiegando che non è possibile stabilirlo con certezza, ha detto che «l'incontro fatale» con l'imputato Massimo Bossetti «non è accaduto davanti alla palestra» da cui Yara scomparve, ma nei pressi dell'abitazione della ragazza in via Morlotti oppure in via Rampinelli, due strade che la tredicenne avrebbe dovuto necessariamente percorrere per tornare a casa. Il pm ha cercato, inoltre, di smontare le consulenze della difesa, in particolare sui video delle telecamere di sorveglianza della zona e sulle fibre trovate sul corpo della vittima «identificabili con probabilità» con quelle rinvenute sui sedili del mezzo del muratore. Il pm, dopo una breve pausa, sta proseguendo nella requisitoria. Il pm ha quindi iniziato a descrivere le ricerche a sfondo pornografico ritrovate nei computer di casa Bossetti. Considerata la gravità delle accuse, appare scontato che il pubblico ministero chieda per il muratore il massimo della pena, ovvero l'ergastolo.

DNA PROVA REGINA, ALTRI ELEMENTI COROLLARIO IMPORTANTE Il dna è la prova regina contro Massimo Bossetti, ma per l'uomo in carcere con l'accusa di aver ucciso Yara Gambirasio ci sono altri indizi di elevata gravità. È quanto sostiene in aula il pubblico ministero di Bergamo Letizia Ruggeri che ha ricominciato la sua requisitoria interrotta venerdì scorso. La pubblica accusa è ripartita da quello che è il tassello fondamentale dell'intero processo, il dna che lei stessa definisce «faro» di questa indagine. Un elemento che «contestualizza» l'imputato nell'aggressione avvenuta contro la 13enne di Brembate il 26 novembre 2010. Contro Bossetti non solo dunque il dna, ma anche le celle telefoniche e le immagini catturate da tre telecamere. Elementi che «non hanno la pregnanza della traccia genetica, che è una vera prova, tutti gli altri elementi -spiega il pm- si uniscono come corollari alla prova regina e vanno letti contestualmente». Elementi caratterizzati da «gravità, precisione e concordanza. Questo non vuol dire aver cercato di cucirgli addosso tutti gli elementi forzando quello che c'era ma siamo andati a cercare riscontri» in quello su cui dal giorno della scomparsa di Yara gli investigatori hanno lavorato.

Nell'aula in cui si svolge il processo a porte chiuse si ricorda come quel 26 novembre 2010 il cellulare di Bossetti aggancia alle 17.45 la cella di Mapello (il che dimostra che l'imputato non era a casa), stessa cella che circa un'ora dopo, precisamente alle 18.49, verrà agganciata dal cellulare di Yara. Il pm sottolinea che ci sono «64 minuti di differenza, il senso del ragionamento è che Bossetti si trovava in una zona non così distante per effettuare quell'incontro fatale con la vittima che esce dalla palestra dopo le 18.42». Per l'accusa anche se fosse stato a casa «non avrebbe avuto difficoltà a raggiungere il centro sportivo che dista 6,8 chilometri e si raggiunge in circa 15 minuti». Insomma per l'accusa Bossetti era a Bergamo e dunque potrebbe essere stato lui ad uccidere la 13enne. Le immagini della zona della scomparsa e del ritrovamento del corpo senza vita in un campo di Chignolo d'Isola 'inchiodanò l'imputato. Le immagini di un distributore di benzina e di una banca a pochi passi dal centro sportivo di Brembate e quelli di una ditta vicina al luogo del ritrovamento del cadavere hanno «un alto grado di compatibilità con il passaggio del furgone di Bossetti».

Un altro elemento che, a dire del pm, porta a non avere dubbi sulla colpevolezza dell'imputato nei cui confronti il pm sta per emettere la sua richiesta di condanna. Salvo sorprese contro Bossetti verrà chiesta la pena dell'ergastolo.

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