Nelle indagini sullo stupro di Palermo, che vede indagati sette giovanissimi accusati di aver abusato di una ragazza, l'attenzione degli inquirenti è incentrata in particolare sul video. Alcuni minuti (circa quindici) che mostrano la violenza di gruppo, ripresi dal più grande dei sette, Angelo Flores. In una intercettazione, Flores dice ad un amico che lo invita a cancellare il filmato della violenza: «Ma io adesso li sto eliminando tutti. Li sto mandando solo a chi li devo mandare e li elimino». Una frase che fa pensare a una condivisione del video. Gli inquirenti stanno accertando a chi Flores abbia mandato le immagini e quale fosse la finalità del suo uso.
Il video venduto online?
L'attenzione degli investigatori è su quelle parole. A chi doveva arrivare quel video? Grazie a quelle immagini, i carabinieri sono riusciti ad identificare tutti e sette i protagonisti della violenza. Il video era ancora nel telefono di chi l'aveva girato. Forse, Flores non pensava che sarebbe stato denunciato. Così l'ha lasciato nel suo telefono come se niente fosse. Una prova del crimine in piena regola. E allora, il sospetto è che Flores avesse deciso di piazzare il video online per farci dei guadagni. Gli inquirenti sono certi comunque che il film degli abusi, su cui peraltro si è scatenata una caccia sui social, sia stato condiviso.
L'indagato: l'abbiamo ammazzata
«Cumpà l'ammazzammu! ti giuro a me matri, l'ammazzammu, ti giuro a me frati, sviniu...
Gip: atrocità fonte di divertimento
«Tali nuovi e sopraggiunti elementi investigativi tratteggiano la personalità di un giovane che, lungi dall'aver avviato un percorso di consapevolezza del gravissimo reato commesso (avvalendosi dalla forza del gruppo ai danni di una giovane donna resa inerme a causa della intossicazione da alcol procurata dagli stessi partecipanti alla violenza) avendo ottenuto condizioni di maggiore libertà con l'inserimento in comunità, ha continuato ad utilizzare il telefono cellulare e/o altro dispositivo informatico per vantarsi delle sue gesta e per manifestare adesione a modelli comportamentali criminali». A scriverlo è la gip del Tribunale dei minorenni di Palermo, Antonina Pardo, nell'ordinanza con cui ha disposto la custodia cautelare in carcere per il più giovane dei sette indagati per lo stupro di gruppo di una 19enne, avvenuto lo scorso 7 luglio in un cantiere abbandonato del Foro Italico.
Il giovane, che all'epoca dei fatti era minorenne, lo scorso 19 agosto, dopo l'interrogatorio di garanzia, era stato scarcerato e trasferito in una comunità. I nuovi elementi emersi dalle indagini dei carabinieri, e in particolare l'analisi di alcune chat telefoniche e i profili social dell'indagato, hanno portato la Procura dei minorenni che aveva già fatto appello contro la sua scarcerazione a richiedere e ottenere un aggravamento della misura a carico dell'ormai 18enne. Proprio su Tik Tok il giovane avrebbe postato video e frasi cercando ulteriore visibilità. «Arriviamo a 1000 follower così potrò fare la live e spiegarvi la situazione com'è andata realmente», scriveva. E ancora: «Mi piace trasgredire» e in sottofondo la canzone napoletana «Nun se toccano 'e femmine» o la sua foto con il commento in sovraimpressione: «La galera è il riposo dei leoni». Tutti elementi che per il gip rivelano «inequivocabilmente l'estremo compiacimento rispetto a quanto accaduto, la sua totale insensibilità rispetto all'atrocità commessa considerata fonte di divertimento e il suo disprezzo per la vittima».