Specie aliene nel Mediterraneo, rischio
sicurezza per la stagione balneare

Specie aliene nel Mediterraneo, rischio sicurezza per la stagione balneare
di Remo Sabatini
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Giovedì 30 Marzo 2017, 15:22 - Ultimo aggiornamento: 15:42

L'invasione di specie aliene nel Mediterraneo sembra non avere fine. Dal velenoso pesce scorpione al vorace barracuda oceanico, al tossico pesce palla argenteo, la vita delle specie autoctone del Mare Nostrum è sempre più difficile. 
Tutto era cominciato nel 1990 quando dei pescatori, avevano rinvenuto nelle reti qualcosa che, fino ad allora, conoscevano solo grazie alle immagini televisive che raccontavano le meraviglie dei mari esotici. Coloratissimo e adornato da decine di aculei, quel pesce sarebbe stato identificato come il velenoso pesce scorpione (pterois miles). Maneggiarlo senza le dovute  precauzioni? Impossibile. Il veleno che rilasciano gli aculei è talmente tossico che potrebbe portare addirittura alla morte il malcapitato. "Come accidenti ha fatto a finire nelle nostre reti?". La domanda, soprattutto all'epoca dei fatti, era più che ragionevole. A nessuno, o quasi, era venuto in mente della nuova "autostrada per pesci" che il Canale di Suez aveva inaugurato in tempi non sospetti. Traporti più veloci e notevoli risparmi erano state le priorità che la mirabolante opera di ingegneria garantiva. Già, ma a quale prezzo? Se, infatti, l'aspetto economico dei trasporti marittimi ne avrebbe tratto giovamento, una così inaspettata "via di fuga" che collegava direttamente il Mar Rosso al Mediterraneo avrebbe rappresentato una nuova strada da percorrere per i micro organismi e le specie ittiche di quelle calde latitudini.

Complici i cambiamenti climatici che, già da allora, si erano fatti sentire prepotentemente anche nei mari italiani, innalzando la temperatura media delle acque, la migrazione cominciava timidamente a produrre i suoi drammatici effetti tanto che, oggi e a distanza di anni, sembra che nulla si possa fare per contrastarla. Qualche dato? Le specie  aliene presenti nel Mediterraneo rappresentano ormai oltre il 30% della totalità. Più aggressive e, in molti casi, potenzialmente pericolose anche per l'uomo, hanno trovato vita facile nei confronti di quelle autoctone che non potevano essere preparate a quella che è una vera e propria invasione. Una migrazione di massa, questa, che non arriva da improbabili battelli e barconi della speranza ma che, ugualmente, sta rappresentando un cambiamento epocale con il quale, volenti o nolenti, saremo costretti a fare i conti. Qualcosa che va ben al di là delle conseguenze in termini di sicurezza, della "semplice" stagione balneare ormai alle porte. La pesca e la natura delle nostre acque sono destinate, sembra, a subire notevoli cambiamenti negli anni a venire e il recente raddoppio del Canale di Suez non ha fatto altro che velocizzare quel processo che sta determinando un cambiamento epocale difficile da contrastare. 

Tra poche settimane arriveranno in Mediterraneo, i tonni rossi per la consueta e spettacolare corsa per la riproduzione. Ora si trovano nell'area delle Canarie nella quale mi trovo per intercettarli. Risaliranno l'Atlantico e, attraverso lo Stretto di Gibilterra, compiranno l'ennesimo mirabile sforzo che li porterà nei nostri mari per, poi, tornarsene in oceano.

Nessuna invasione, soltanto l'ennesimo miracolo della natura che si compie nonostante tutto. Nonostante noi.

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