Rigopiano, sotto processo per poter pregare
dove morì il figlio. Feniello: «E' una pagliacciata»

Rigopiano, sotto processo per poter pregare dove morì il figlio. Feniello: «E' una pagliacciata»
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Giovedì 26 Settembre 2019, 12:01 - Ultimo aggiornamento: 12:10
«Questa è una pagliacciata, se verrò condannato non tirerò fuori un euro e piuttosto mi farò il carcere. Vi sembra normale che nel 2020 si perdano tempo e soldi pubblici con queste stupidaggini?». Così Alessio Feniello, 57 anni, padre del giovane Stefano, una delle 29 vittime del disastro dell'Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), a margine della prima udienza del processo che lo vede accusato di avere violato, il 21 maggio del 2018, i sigilli giudiziari apposti allo scopo di delimitare l'area nella quale si trovavano le macerie del resort. Violazione per poter arrivare nel punto in cui morì il figlio, sotto la frana che distrusse l'hotel.

Feniello non ha potuto prendere parte all'udienza, essendo arrivato tardi in tribunale. All'ingresso del Palazzo di
Giustizia ha anche animatamente discusso con gli operatori della vigilanza, che non volevano permettergli di entrare con un coltellino portachiavi di piccole dimensioni. La moglie di Feniello aveva con sé delle manette che ha mostrato ai presenti, minacciando di incatenarsi. «Mia moglie è stata prosciolta - ha protestato Feniello - e io per lo stesso motivo sono stato condannato». Il procedimento penale, in effetti, era stato aperto per
entrambi, ma la moglie è stata prosciolta per tenuità del fatto, essendo incensurata, a differenza di Feniello che, a causa dei precedenti, ha ricevuto il decreto penale di condanna.
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