Al mattino la donna si era accorta che il figlio era immobile e non respirava più. Aveva immediatamente chiamato il 118, ma i soccorsi erano stati inutili: quando i medici erano arrivati sul posto non c’era già più nulla da fare. Benché l’ipotesi più accreditata fosse quella della cosiddetta «morte in culla», il magistrato aveva disposto l’autopsia. Proprio a quel bambino Pizzolante, comprensibilmente sconvolto, aveva dedicato due post tra i più recenti sul suo profilo Facebook. Nel secondo, all’1.25 di martedì, si chiedeva «come faccio a vivere senza di te» e il perché di quel dramma. Poco dopo aver premuto invio, però, è uscito a «lavorare».
Si è incontrato con un complice, Angelo Monfrecola, 35 anni, di Soccavo, anche lui pregiudicato.
Insieme, sulla macchina di Pizzolante, hanno raggiunto il Vomero alla ricerca di un obiettivo facile. La scelta è caduta su un pub di via Castellino, al confine con l’Arenella. Sono entrati nel locale provando prima a scassinare la porta di ingresso e poi sfondando il vetro di quella sul retro. Stavano caricando la refurtiva sull’automobile quando sono stati sorpresi dalle forze dell’ordine. Erano circa le 4 e una pattuglia dell’Ufficio Prevenzione Generale della Questura, in pattugliamento nella zona per i controlli di routine, ha notato una Renault Megane parcheggiata nei pressi del cancello esterno del locale e un ragazzo, poi identificato come Monfrecola, che si avvicinava tenendo tra le mani qualcosa di ingombrante.