Hotel Rigopiano, lo psichiatra:
«Per i superstiti serve terapia»

Hotel Rigopiano, lo psichiatra: «Per i superstiti serve terapia»
2 Minuti di Lettura
Venerdì 20 Gennaio 2017, 15:49 - Ultimo aggiornamento: 16:06
PESCARA - Affrontare il dramma come quello che stanno passando le persone sepolte sotto la neve non sarà semplice. «Essere sopravvissuti a una tragedia di queste proporzioni è vissuta come una vera e propria rinascita, un miracolo. Ma se il trauma non viene trattato subito l'iniziale felicità può cedere nuovamente il posto all'angoscia di morte».

Così lo psichiatra e professore dell'università Gabriele d'Annunzio di Chieti, Massimo Di Giannantonio, parla con l'AdnKronos Salute del ritrovamento di alcuni superstiti al'Hotel Rigopiano di Farindola, ai piedi del Gran Sasso, travolto da una slavina. «Il destino tragico a cui si pensava di andare incontro viene stravolto dall'improvvisa fine dell'incubo - spiega l'esperto - L'angoscia di una fine imminente lascia spazio all'incredulità, portando a un'alterazione profonda del principio di realtà».

Ma in questi casi, «se non si segue una terapia per metabolizzare il carico dell'angoscia di morte e del pericolo - sottolinea lo psichiatra - le premesse per lo sviluppo del disturbo post-traumatico da stress ci sono tutte». Il primo intervento a livello psicologico da mettere in atto è «la presa in carica da parte di un'équipe specialistica. La terapia deve tendere a un assoluto svuotamento e metabolizzazione dell'angoscia, sia in modo tradizionale sia con comportamenti non verbali. Bisogna, ad esempio - suggerisce - consentire ai pazienti di dipingere, di modellare pongo o creta, di fare attività ginniche o ludiche».

Per Di Giannantonio, «più il ricordo viene tenuto dentro e più si alza il rischio di sviluppare il disturbo: se si lavora intervenendo prima sull'emisfero cerebrale destro e poi sul sinistro in modo alternato e distaccato il trauma viene eliminato prima. Di sicuro entro le 12 sedute, circa 3 mesi». La medicina migliore, consiglia ancora, «è riprendere in mano la propria vita il prima possibile e non affidarsi ai tranquillanti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA