Alzheimer, malati e famiglie lasciati soli
Uno studio può dare nuove speranze

Alzheimer, malati e famiglie sempre più soli
Alzheimer, malati e famiglie sempre più soli
di Antonio Caperna
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Giovedì 25 Febbraio 2016, 11:43
ROMA - Un mondo che invecchia, dove cresce l’impatto della malattia in termini di isolamento sociale. La famiglia è ancora il fulcro dell’assistenza, ma può contare su una disponibilità di servizi che nel tempo si è ulteriormente ristretta, mentre sono ancora presenti le profonde differenziazioni territoriali dell’offerta.

Sono le riflessioni di Ketty Vaccaro, responsabile dell’Area Welfare e Salute del Censis alla presentazione dell’indagine realizzata con l’associazione “Aima” e il contributo di Lilly sulla malattia e l’impatto nella società e la famiglia.

In Italia ci sono circa 600mila malati di Alzheimer, destinati ad aumentare per l’invecchiamento della popolazione. I costi diretti dell’assistenza ammontano a oltre 11 miliardi di euro, di cui il 73% a carico delle famiglie. Il costo medio annuo per paziente è pari a 70.587 euro, mentre l’età media dei malati di Alzheimer è di 78,8 anni (era di 77,8 anni nel 2006 e di 73,6 nel 1999). Il 72% dei malati è costituito da pensionati.

Ma sono invecchiati anche i caregiver impegnati nella loro assistenza: hanno mediamente 59,2 anni. Impegno che determina conseguenze anche sul suo stato di salute, in particolare tra le donne: l’80,3% accusa stanchezza, il 63,2% non dorme a sufficienza, il 45,3% afferma di soffrire di depressione, il 26,1% si ammala spesso. Il 47,7% dei caregiver afferma di aver reagito subito alla comparsa dei primi sintomi della malattia del proprio assistito, interpellando il medico di medicina generale (47,2%), lo specialista pubblico (33,1%) o lo specialista privato (13,6%). Solo il 6,1% si è rivolto a una Uva (Unità di valutazione Alzheimer). I pazienti che accedono ai farmaci specifici passa dal 59,9% al 56,1%. Il 38% è assistito da una badante, del cui costo si fa carico economicamente un malato su due.

Una speranza intanto arriva dalla ricerca del Policlinico Gemelli: la stimolazione elettrica sulla testa, studiata per ora su topolini, potenzia la memoria e in futuro potrebbe essere efficace in anziani con deficit cognitivi.
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