Ascoli, omicidio di Melania Rea
Mossa in Cassazione ​di Parolisi

Melania Rea e Salvatore Parolisi
Melania Rea e Salvatore Parolisi
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Martedì 5 Aprile 2016, 09:11 - Ultimo aggiornamento: 09:33

ASCOLI - Non è stata ancora scritta l’ultima parola sul processo per l’omicidio di Melania Rea. I difensori del caporalmaggiore chiedono che venga annullata la sentenza che la Corte d’assise d’appello di Perugia ha pronunciato lo scorso 27 maggio infliggendo venti anni di carcere a Salvatore Parolisi. Oppure, in seconda istanza, che la sentenza venga annullata e si provveda ad un ulteriore rinvio ad altra Corte d’appello che provveda nuovamente al ricalcolare la pena. Il motivo è da ricercare nelle diciotto pagine che sono state depositate alla cancelleria del tribunale lo scorso 24 settembre. I difensori di Parolisi, in punta di diritto, sostengono la “manifesta illogicità e contraddittorietà” delle motivazioni che hanno indotto la Corte a non concedere le attenuanti generiche. Biscotti e Gentile, sostengono inoltre che non siano accettabili le ragioni espresse dai giudici di secondo grado che non hanno preso in considerazione nessuno degli elementi evidenziati dalla difesa per la concessione dei benefici di legge - come  il comportamento tenuto dal caporalmaggiore nel corso del processo, il fatto che era incensurato, la giovane età e l’attaccamento alla figlia - ritenendo che nessuno di essi “possa condurre alla concessione delle attenuanti”. Una tesi, quella sostenuta dalla Corte d’assise d’appello di Perugia che non può essere accolta perché - sempre secondo quanto sostenuto dagli avvocati di Parolisi - si tratterebbe di un giudizio rivolto essenzialmente sulla condotta morale dell’imputato piuttosto che basato su questioni di diritto. Inoltre, i due penalisti hanno evidenziato quelli che ritengono essere degli elementi illogici riscontrando dunque un vizio formale che giustificherebbe pertanto l’intervento della Cassazione. Vizio di forma e non di merito costituito dalla contraddizione emergerebbe tra le motivazioni che hanno indotto i giudici a non concedere le attenuanti e la ricostruzione di quanto accaduto il 18 aprile del 2011 nel Bosco delle Casermette di Ripe di Civitella. Per la Corte l’omicidio di Melania Rea fu un delitto d’impeto, ovvero frutto di un’azione non preventivata né programmata ma scaturita per situazioni contingenti, tanto da cadere l’aggravante della crudeltà. Tesi che a detta di Biscotti e Gentile stride con le motivazioni enunciate a sostegno della mancata concessione della riduzione di pena perché Salvatore Parolisi si sarebbe messo lui stesso - con i suoi tradimenti e le sue bugie - nelle condizioni psichiche ed emotive che poi avrebbero dato sfogo all’impulso omicida. 

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