Ascoli,parla la cugina di Mestichelli
«Niente sconti a chi ha ucciso Achille»

Il carcere di Marino del Tronto dove è morto Mestichelli
Il carcere di Marino del Tronto dove è morto Mestichelli
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Martedì 3 Maggio 2016, 09:35 - Ultimo aggiornamento: 4 Maggio, 08:10

ASCOLI - Il 18 febbraio dello scorso anno Achille Mestichelli morì all’ospedale regionale di Torrette a seguito delle gravissime lesioni, trauma cranico e fratture costali, provocategli, secondo la Procura, da un compagno di cella, Mohamed Ben Alì, a seguito di un tragico pestaggio avvenuto cinque giorni prima nel carcere di Marino del Tronto. Il 25 settembre il pubblico ministero, Umberto Monti, ha chiesto al giudice per le indagini preliminari la proroga di tre mesi delle indagini. Proroga che viene concessa per cui il termine di scadenza è fissato al 3 gennaio 2016. Succede che il 30 dicembre, in previsione della scadenza dei termini di legge, il Gip decide che a Mohamed Ben Alì venga applicata la misura dell’obbligo di firma. Una decisione, però, che contraria non poco la famiglia Mestichelli.

«Ho appreso – esordisce Luigia Cialini, cugina di Achille Mestichelli – che ad una persona che si è resa responsabile della morte di Achille è stato concesso l’obbligo di firma. Siamo delusi ed amareggiati per tale decisione. Una persona che si trova reclusa in un carcere dovrebbe essere garantita l’incolumità personale. E’ invece accaduto che sia stato ucciso all’interno di una struttura penitenziaria, senza che vi sia stato alcun intervento per impedire che la rissa degenerasse. Addirittura quando sono stati interrogati per ricostruire il fatto, i compagni di cella non hanno collaborato. Achille, dopo aver espiato la sua colpa, sarebbe andato in una comunità di recupero per tossicodipendenti, intenzionato a dare inizio ad una nuova vita. Non possiamo accettare che a Mohamed Ben Alì sia stato riconosciuto un trattamento “speciale”. Tutto ciò fa pensare ad una mancanza di rispetto nei confronti di chi non c’è più e della sua famiglia». 

In verità Mohamed Ben Alì non sta godendo dell’obbligo di firma. Si trova recluso nel carcere di Viterbo per rispondere di altri due gravi reati. Il primo riguarda lo spaccio di sostanze stupefacenti per il quale dovrà affrontare il processo di primo grado. Ma l’accusa più grave è di aver architettato e tentato, in concorso con Afif Fattoum, di causare nel corso dell’interrogatorio che avrebbe dovuto sostenere in carcere lesioni gravi al giudice dell’indagini preliminari, Giuliana Filippello.

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