Pino Antonini racconta il dramma
"Ho visto gli amici morire sotto la neve"

Pino Antonini racconta il dramma "Ho visto gli amici morire sotto la neve"
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Mercoledì 29 Aprile 2015, 10:15 - Ultimo aggiornamento: 1 Maggio, 10:11
ANCONA - Un minuto di silenzio e un commosso applauso quello che il consiglio comunale ha tributato questa mattina a Gigliola Mancinelli in apertura di seduta. Commozione e lacrime nella comunità anconetana, racconti strazianti quelli che arrivano dal Nepal. “Abbiamo sentito una scossa terribile, è durata un minuto. Poi è venuta giù una valanga di dimensioni mostruose. Ci ha travolti, ha spazzato via tutto. Io ho avuto la fortuna di ritrovarmi con la testa e un braccio fuori dalla neve”.



E ha cominciato a scavare, scavare. Lì sotto ci è rimasto per diverse ore. Quando è riemerso, ha continuato a spalare la neve a mani nude. Lacrime di ghiaccio sugli occhi. Il respiro sempre più affannoso per l’aria rarefatta e l’ossigeno carente. Giuseppe Antonini ha vestito i panni dell’eroe. Lo speleologo anconetano di 53 anni ha salvato la vita a se stesso e a Giovanni Pizzorni, il compagno di spedizione genovese che, con quelle fratture, specie al bacino, non si sarebbe mai tirato fuori da solo da quello tsunami bianco. Ha riportato alla luce anche lo speleologo trentino Oskar Piazza, non più cosciente, spirato la notte seguente per le ferite gravissime. Poi ha estratto dalla neve il corpo senza vita dell’amica del cuore, la dottoressa anconetana Gigliola Mancinelli. Non respirava più. Era morta sul colpo. Ha pianto Pino e per una volta deve aver maledetto quella montagna che è stato il suo primo amore, ma le ha portato via una delle persone più care al mondo. Ha rivissuto il dramma nel racconto fatto al telefono ieri pomeriggio al fratello Roberto, che aspetta da un momento all’altro la chiamata dalla Farnesina per andarlo a prendere a Roma. Quando, non si sa.



“Stiamo aspettando una risposta dall’unità di crisi, qui l’emergenza è totale” ha raccontato Pino, parlando con un satellitare mentre si trova in una struttura d’accoglienza a Kathmandu. Sta bene. E’ insieme a Nanni, l’amico di Recco che gli deve la vita. Per 48 ore sono rimasti inghiottiti alle pendici dell’Himalaya, stritolati dal gelo, a settemila metri d’altitudine. “Non avevamo più niente, vestiti, soldi, cellulari. Quando è arrivato un elicottero del soccorso alpino ci è sembrato un miracolo” ha aggiunto Pino, precisando che del villaggio di Langtang non è rimasto quasi più nulla, se non ruderi e una ventina di superstiti. Gli tremava la voce mentre raccontava al fratello le interminabili ore successive alla valanga che si è staccata dalla montagna poco dopo il sisma devastante.



“Sono riuscito a liberarmi perché ero rimasto con la testa e con un braccio fuori dalla neve. Quando mi sono tirato fuori, mi sono messo a scavare. Ho portato Nanni, Oskar e il corpo senza vita di Gigliola in una piccola stalla che era rimasta in piedi”. E lì ha chiesto a una signora del posto, miracolosamente illesa, di accendere un fuoco e assistere i feriti. Oskar spirerà la notte successiva.



“Non c’era abbastanza spazio per cui io e altri sopravvissuti abbiamo trovato riparo sotto il rudere di una casa rimasta in piedi”. Ci è rimasto per due giorni, hanno pregato insieme perché qualcuno li andasse a prendere. A squarciare il silenzio della montagna, il motore di un elicottero, il primo che ha portato soccorsi a Langtang, trasfigurata in una valle di morte. Il corpo di Gigliola Mancinelli sarebbe ancora là, nell’improvvisato ricovero allestito da Pino, fedele compagno di mille viaggi che l’ha assistita anche nelle ultime ore, tenendola per mano fino a che un mare di neve li ha travolti a 300 all’ora. Per puro in caso lui è in vita e lei no.



“Mio figlio Roberto si era ormai rassegnato all’idea della morte del fratello ed era sceso da Trieste per essere accanto a me e al padre nel momento in cui avremmo appreso la notizia - rivela Romilda Antonini, la mamma di Pino -. Io, invece, ho sempre saputo che ce l’avrebbe fatta. Me lo sentivo. Ora aspetto solo che torni a casa”.
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