«Celebrare il processo davanti a una chat? Mica è un videogame»

Fino all’11 maggio, salvo proroghe, tutte le udienze non urgenti sono state rinviate
Fino all’11 maggio, salvo proroghe, tutte le udienze non urgenti sono state rinviate
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Martedì 21 Aprile 2020, 06:55

ANCONA  - Fino all’11 maggio, salvo proroghe, tutte le udienze non urgenti vanno rinviate. Quelle che si tengono, devono essere celebrate, dove possibile, con video conferenze o collegamenti da remoto. Finita la fase emergenziale, pian piano il mondo giustizia dovrebbe riprendere in maniera regolare. Con un’incognita e l’ipotesi di un nuovo scenario: e se tutti i processi dovessero abbracciare il sistema dello streaming? Un rebus soprattutto per le udienze penali. 

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Tra il mondo delle toghe, c’è chi è contrario e chi, invece, apre uno spiraglio per le nuove tecnologie. «Il penale – afferma il presidente dell’Ordine degli avvocati Maurizio Miranda – male si concilia con una serie di esigenze del difensore: dalla presenza fisica in aula alla comunicazione non verbale dell’udienza. In più, il processo è pubblico ed è necessario agli strumenti di informazione. La delocalizzazione non si addice ai principi del procedimento penale, dove l’udienza non è mera forma, ma sostanza. E poi, ci sono i problemi di natura pratica dettata dalla funzionalità delle videochat. Dunque, per la Fase 2 l’auspicio è il riutilizzo delle aule del palazzo di giustizia: ce ne sono due molto ampie che consentono di mantenere le distanze di sicurezza. Inoltre, stiamo valutando la possibilità di poter chiedere di celebrare alcune udienze della Corte d’Appello (dove gli spazi sono limitati, ndr) al tribunale di primo grado». 

Il versante civilistico è diverso e sembra maggiormente disposto ad aprirsi al mondo virtuale. «Stiamo completando – continua Miranda – un protocollo per estendere i collegamenti da remoto nel civile anche per la Fase 2, ovviamente per le cause che lo permettono e che possono essere trattate su base documentale». Chi non scarta totalmente la possibilità di tenere via web le udienze penali è l’avvocato Marina Magistrelli: «La decisione di partecipare fisicamente in aula – afferma – va lasciata ai singoli avvocati in base alla valutazione degli elementi probatori che il processo comporta. Si deve valutare caso per caso e il legale deve poter dire la sua. Ci sono udienze in cui lo streaming è possibile, dove per esempio è coinvolto un numero esiguo di parti». Quando si ripartirà, il tribunale dovrà celebrare udienze come il processo di Banca Marche, la strage della Lanterna Azzurra e le “spese facili” del Consiglio Regionale. «Per questi casi – chiosa Magistrelli – ci si deve organizzare o all’interno del tribunale, o chiedendo di poter usufruire dell’ex sala del Consiglio Comunale. Una soluzione a cui pensare almeno fino a che non finisce l’emergenza».

L’avvocato Franco Argentati: «La videoconferenza potrebbe tenersi per le prime udienze o quelle di mero rinvio. Per il resto, il collegamento da remoto rischia di trasformare il processo in un videogame, togliendo i principi fondamentali dell’udienza che diventerebbe incontrollabile. Che garanzie avrebbero imputati o parti lese? La video conferenza deve essere solo una soluzione temporanea». Uno spiraglio dall’avvocato Gianni Marasca: «Non è da demonizzare la tecnologia se usata con il buon senso e per alcune fasi del processo, dove la partecipazione diretta non è essenziale, come le udienze in camera di consiglio, le opposizioni alle archiviazioni o dove c’è l’illustrazione di atti già depositati.

Il video collegamento non deve essere uno strumento alternativo, perché altrimenti si snaturerebbe il processo penale, ma non va completamente scartato se a guidarlo ci sono buon senso e la ricerca del miglior compromesso tra interessi differenziati».

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