Ermanno Pieroni arrestato: la notifica
​gli arriva in ospedale dove è piantonato

Ermanno Pieroni arrestato: la notifica gli arriva in ospedale dove è piantonato
di Stefano Rispoli
3 Minuti di Lettura
Martedì 30 Maggio 2017, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 18:44
ANCONA - Un viaggio di lavoro non autorizzato in Sicilia, a inizio maggio, proprio nel weekend in cui compiva 72 anni, rischia di spalancare le porte del carcere a Ermanno Pieroni. Per ora l’ex patron dell’Ancona Calcio è piantonato all’ospedale di Ascoli per complicazioni cardiache, ma il provvedimento firmato dal magistrato di sorveglianza di Macerata ordina la sospensione della detenzione domiciliare con trasferimento immediato in carcere. Proprio adesso che Pieroni, condannato a 4 anni per il crac del club dorico nel 2004, vedeva scorrere i titoli di coda su una vicenda giudiziaria infinita: deve scontare un residuo di pena di 4 mesi (forse meno, considerando 45 giorni di probabile abbuono).
Sono stati gli agenti della Squadra Mobile di Ascoli a notificare l’arresto all’ex dirigente sportivo venerdì pomeriggio all’ospedale, dove si trovava dal mattino per problemi di salute. "Aveva la pressione a 230", fa sapere il suo avvocato, Alessandro Angelozzi. E’ ricoverato nel reparto di Cardiologia del Mazzoni, ma i primi di giugno si trasferirà a Milano per un intervento chirurgico già programmato. A distanza di 13 anni dal fallimento dell’Ancona, che portò in A nel 2003, Pieroni paga ancora le conseguenze di quell’impresa sportiva divenuta un incubo. Nel giugno 2014 la Corte d’Appello confermò la condanna dell’ex patron biancorosso per bancarotta fraudolenta, imputandogli di aver distratto 12 milioni di euro dalle casse sociali per dirottarli sui propri conti.

Tuttavia, i giudici ridussero la pena a 4 anni per prescrizione delle accuse di truffa e false fatturazioni. Il 13 marzo scorso a Pieroni è stato notificato un residuo di pena di 6 mesi e 14 giorni, al netto di 3 anni di condono e quanto espiato nella custodia cautelare. Il manager jesino ha ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza di Ancona la misura alternativa della detenzione ai domiciliari nella sua residenza di Ascoli, tenuto conto delle condizioni di salute e della necessità di lavorare per mantenere il nucleo familiare. "Di volta in volta ha chiesto l’autorizzazione a uscire di casa - spiega l’avvocato Angelozzi -. Il 2 maggio ha chiesto un permesso per un viaggio di lavoro di 4 giorni a Trapani, ma il magistrato si è opposto perché non erano stati forniti dettagli precisi". Non potendo rinunciare ai suoi impegni, Pieroni avrebbe inviato un messaggio Whatsapp all’ispettore preposto, illustrando ragioni e durata del suo soggiorno in Sicilia e il 4 maggio ha preso l’aereo. "Riteneva fosse sufficiente e in buona fede è partito".

Ma al ritorno sono cominciati i guai. Venerdì, mentre l’ex ds di Perugia e Messina si faceva visitare al pronto soccorso, la polizia lo raggiungeva per notificargli l’arresto dovuto all’assenza ingiustificata da casa. Pieroni in teoria dovrebbe tornare in carcere, ma le sue condizioni di salute per ora glielo impediscono. Dicono sia molto provato e debilitato. Il suo legale ha presentato un’istanza per opporsi al provvedimento, fondato sulla buona fede dell’assistito, giustificata dal messaggio memorizzato sul cellulare. Un Sms che custodisce con cura, memore di quanto la tecnologia possa tradire l’uomo.

Ancora oggi Pieroni chiede giustizia rievocando la famigerata pen drive sparita nell’infuocato agosto 2004 durante una perquisizione. Quella pennetta - ha sempre sostenuto - conteneva le prove che i soldi distratti dall’Ancona, affossata da un passivo di 37 milioni, erano stati utilizzati per pagare in nero i giocatori, altro che tesoretti a Montecarlo. "Sono vittima e non carnefice", disse con fierezza dopo che, nel marzo 2016, il tribunale ha revocato l’estensione personale del fallimento, ordinando la restituzione del denaro racimolato dalle vendite all’asta dei suoi beni (tra cui 7 immobili). Pieroni nel 2016 è uscito pulito anche dall’inchiesta sul calcioscommesse, assolto dall’accusa di aver “suggerito” i risultati di alcune partite a un dirigente del Riccione. "Ancora una vittoria che mi rende giustizia", commentò felice. Senza immaginare che un anno dopo sarebbero arrivati nuovi guai giudiziari. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA