Tre medici ancora sotto accusa per la mamma morta con il feto

Zohra Ben Salem aveva 34 anni e abitava a Loreto
Zohra Ben Salem aveva 34 anni e abitava a Loreto
di Federica Serfilippi
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Sabato 10 Ottobre 2020, 04:10 - Ultimo aggiornamento: 12:13

ANCONA  - Per un filone destinato all’archiviazione, ce ne è un altro per cui potrebbero finire a processo tre medici dell’ospedale Salesi. Ha preso due strade diverse l’inchiesta aperta dopo la morte della 34enne tunisina Zohra Ben Salem. La donna, residente a Loreto con marito e due figli, il 25 agosto 2019 era spirata in sala operatoria assieme al feto arrivato alla 38esima settimana. Zohra portava in grembo una bimba. Dopo l’esposto presentato dalla famiglia della 34enne, la procura aveva aperto un’indagine. 

 
Due le ipotesi di reato: omicidio colposo (in riferimento al decesso della partoriente) e interruzione colposa di gravidanza (per la morte del feto).

Tutte e due le contestazioni erano state attribuite a 23 sanitari del Salesi, tra medici, anestesisti, ostetriche e infermieri. tutto il personale si erano occupati di Zohra. A poco più di un anno dalla tragedia, dopo consulenze, perizie e addirittura gli ispettori del Ministero della Salute per fare luce sul caso, la procura ha tirato le somme. Per quanto riguarda l’omicidio colposo, è stata chiesta l’archiviazione per tutti i 23 indagati. Sul filone dell’interruzione colposa di gravidanza, la procura ha chiesto l’archiviazione per 20 persone. Rimangono in piedi le posizioni di tre medici del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedaletto.

A loro è arrivata la notifica dell’atto che sancisce la chiusura delle indagini preliminari. Il pubblico ministero Serena Bizzarri non ha ancora chiesto – e potrebbe anche non farlo – il rinvio giudizio. Sulla richiesta di archiviazione hanno fatto opposizione i legali che rappresentano la famiglia della vittima, Michele Pagano e Simone Massaccesi. L’udienza davanti al gip Sonia Piermartini si terrà il prossimo 18 novembre. Se non dovesse venire accolta la contestazione delle parti lese, il caso (almeno per 20 persone) dovrà ritenersi chiuso definitivamente. Ma cosa era andato storto quel 25 agosto? La morte della tunisina era insorta parecchie ore dopo il suo ingresso al pronto soccorso. La donna si era presentata per delle complicazioni.

Gli accertamenti avevano fatto emergere la morte intrauterina del feto. Si era proceduto con il parto indotto. I problemi erano insorti dopo le fasi espulsive, con la rottura delle membrane amniotiche. Zohra era andata improvvisamente in arresto cardio-respiratorio. Stando agli accertamenti fatti eseguire dalla procura, le condizioni cliniche della donna erano precipitate a causa di un’embolia polmonare causata dal liquido amniotico. Si tratta di una rara, ma possibile, emergenza ostetrica che può verificarsi nelle fasi del parto o del travaglio, portando a un’insufficienza respiratoria e all’arresto cardiaco della gestante. La procura ha concluso che non c’erano elementi clinici che potevano far presagire un peggioramento così repentino delle condizioni di salute della 34enne. Il personale ospedaliero indagato è assistito dallo studio Scaloni. 

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