Ancona, scrive un biglietto d’addio alla moglie: «Strozzino alle calcagna, sono sparito».

L’imprenditore: «Ero pieno di debiti per il gioco d’azzardo»

Ancona, scrive un biglietto d’addio alla moglie
Ancona, scrive un biglietto d’addio alla moglie
di Federica Serfilippi
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Mercoledì 28 Febbraio 2024, 02:55 - Ultimo aggiornamento: 15:43

ANCONA - A fronte di un prestito di 700 euro, avrebbe chiesto indietro il doppio della cifra. Con mille euro elargiti, ne avrebbe pretesi 1.900. Tassi d’interesse insostenibili, a un certo punto, per un piccolo imprenditore falconarese. Talmente insostenibili da fargli scrivere un biglietto d’addio rivolto ai familiari e poi farlo sparire per tre giorni: «Non avevo più soldi e non volevo farmi rintracciare» aveva detto l’imprenditore in aula, che non s’è voluto costituire parte civile contro l’uomo finito a processo per usura. Lui, un rom 42enne attualmente in carcere per altra causa, ieri è stato condannato a scontare tre anni e un mese di reclusione.

Le versioni

La sentenza è stata emessa dal giudice Francesca Grassi al termine del dibattimento, dove sono state ascoltate entrambe le parti: imprenditore e imputato.

Il primo, nell’udienza che si è tenuta a settembre, ha ripercorso a fatica quanto vissuto tra gennaio e maggio 2019, quando si era rivolto ad alcune persone per chiedere dei prestiti. «Le mie condizioni economiche erano buone - ha detto la vittima - poi però sono iniziati i problemi con il gioco d’azzardo». E, quindi, debiti su debiti e la voglia di rimettersi in piedi attraverso i prestiti. Si sarebbe rivolto al rom perché legato a lui da un rapporto di conoscenza. «A me servivano i soldi - ha ricordato l’imprenditore - e lui mi disse che mi poteva aiutare».

Le consegne di denaro

La prima consegna di soldi per ripagare il debito, come emerso nel corso del dibattimento, sarebbe avvenuta a Villanova, a Falconara. «Mi erano stati dati 700 euro, dovevo restituirne 500. Dall’auto, li ho dati a uno sconosciuto che li ha poi passati all’imputato, che conoscevo». Anche i destinatari dei soldi erano in auto. Nessuno era mai sceso dal proprio abitacolo. Ci sarebbe stata poi un’altra consegna nei pressi dell’ospedale di Chiaravalle. «Mi era stato concesso un prestito di 700 euro, dovevo versarne 1.400» ha ricordato la vittima. Un altro caso: «Su mille euro, mi aveva chiesto il 90% in più».

Il black out

L’ultimo prestito non sarebbe stato onorato: «Non avevo più soldi». L’imputato, stando all’accusa, si sarebbe dunque presentato sotto casa della vittima per la riscossione. «Avevo paura. Ho scritto un biglietto d’addio e sono sparito per tre giorni, non volevo farmi trovare. Ho girovagato con la macchina da Fano a Porto Recanati. Ho pensato di farla finita». La moglie aveva dato un anello al rom per saldare i debiti, gioiello poi restituito. La difesa, rappresentata dall’avvocato Silvia Pennucci, ha respinto le accuse: non ci sarebbero prove contro il 42enne, tanto che all’inizio il procedimento era contro ignoti. La versione della parte offesa, tra l’altro, non sarebbe attendibile.

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