ANCONA - Conerobus è come un boeing nel pieno di una terribile turbolenza. Il comandante, mani sulla cloche, tiene d’occhio la perturbazione e si augura che passi il prima possibile. Muzio Papaveri, presidente dell’azienda anconetana di tpl, impugna il binocolo per guardare Roma e aspetta speranzoso i famigerati ristori. Intanto la partecipata comunale affoga nei debiti: circa 4,5 milioni di euro.
Le cause? Papaveri, così come l’ex sindaca Valeria Mancinelli, ha ripetuto fino alla nausea che la colpa è tutta del Covid e dei rincari dei carburanti. Per carità, ci sta. Ma se fossero solo queste le cause, allora sarebbero sulla stessa barca anche le altre aziende di trasporto pubblico locale delle Marche. E invece, ad avere un piede nel baratro, è solo Conerobus. Dunque deve esserci per forza dell’altro.
La delibera
A marzo scorso l’amministrazione precedente aveva approvato in consiglio comunale una delibera per l’anticipo di 2,5 milioni di euro per salvare gli stipendi dei dipendenti. Mai, prima di quel momento, il Comune di Ancona era dovuto intervenire così seriamente in soccorso dell’azienda. Un’azione che, indirettamente, conferma la gravità dello stato di salute di Conerobus. Con un’infezione che, a questo punto, sembra quanto mai profonda e capillare. Il governo nazionale, nel frattempo, ha stanziato dei fondi per risanare i debiti contratti a causa del caro carburanti. Alle Marche andranno 4 milioni di euro, di cui una buona parte, presumibilmente tra il milione e mezzo e 2 milioni, andrà a Conerobus. Niente non è. Ma resterebbero da coprire ancora gli altri 3 milioni di sbilancio.
La proposta
I chilometri assegnati alla municipalizzata anconetana sono 8 milioni. Il rimborso riconosciuto è di 1,50 euro per chilometro, dato più basso in Italia davanti solo alla Basilicata. Basti pensare che, ad esempio, in Liguria il rimborso è di oltre 6 euro per chilometro. Probabilmente, proprio per cercare di ottimizzare i costi e i ricavi, Conerobus a gennaio aveva proposto di subappaltare ad una seconda azienda i chilometri effettuati dal deposito di Filottrano. Ipotesi che aveva fatto sobbalzare i sindacati. I dipendenti (5) in dote al deposito sarebbero, poi, stati smistati in quelli dove la carenza di personale era maggiore (Osimo, Castelfidardo, Jesi). Piano che non andò a buon fine proprio per la forte opposizione dei sindacati. L’azienda, dunque, ha rinnovato il contratto di locazione per l’area deposito di Filottrano da marzo fino a dicembre 2023.
Le spese
I costi fissi sostenuti dall’azienda sono stati oggetto di un’interrogazione in consiglio comunale lo scorso marzo.