Carabiniere condannato a un anno
Non poteva sparare al ladro in fuga

Carabiniere condannato a un anno Non poteva sparare al ladro in fuga
di Lorenzo Sconocchini
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Martedì 7 Febbraio 2017, 16:28
ANCONA - Vietato sparare alle gomme dell’auto di banditi in fuga, a meno che carabinieri o poliziotti non abbiano la certezza che a bordo ci sono armi. Perché se poi per disgrazia un colpo di rimbalzo centra uno dei ladri e lo uccide, chi ha premuto il grilletto rischia una condanna penale. È la morale che si ricava leggendo le motivazioni del verdetto con cui il 7 novembre scorso il giudice per l’udienza preliminare Francesca Zagoreo ha condannato con rito abbreviato a un anno di reclusione, pena sospesa, l’appuntato dei carabinieri Mirco Basconi.

l sottufficiale dell’Arma era imputato di omicidio colposo, per eccesso colposo nell’utilizzo dell’arma di servizio. Aveva sparato alle gomme dell’auto dei ladri in fuga a Ostra Vetere, ferendo a morte Korab Xheta, albanese di 24 anni, con un proiettile di rimbalzo. Non c’erano dubbi sul fatto che l’appuntato avesse mirato alle ruote del Suv e sparato quattro colpi proprio in direzione degli pneumatici. Gli accertamenti balistici disposti dalla procura ed eseguiti dalla Polizia Scientifica di Ancona avevano infatti accertato che il proiettile che colpì Korab Xheta, morto quattro giorni dopo in ospedale, aveva «caratteristiche morfologiche causate dal rimbalzo su una superficie “scabrosa” quale risulta essere l’asfalto, dove sono stati rilevati due solchi ad andamento curvilineo compatibili con un impatto di proiettili». La pallottola che centrò alla testa il giovane albanese era stata esplosa da una distanza tra 11 e 17 metri dalla Mercedes ed era stata deviata dal rimbalzo sull’asfalto. Una carambola accidentale che aveva indirizzato il proiettile verso il lunotto del suv «infrangendolo e penetrando nell’abitacolo con una traiettoria orientata dal basso verso l’alto».

Fu dunque per quel rimbalzo imprevisto che uno dei colpi sparati dall’appuntato Basconi andò «a colpire la testa dello Xheta seduto sul sedile posteriore sinistro». Eppure il giudice, nel motivare la condanna, spiega che comunque in quelle condizioni la pattuglia non avrebbe dovuto sparare. Lo fa richiamandosi a recenti pronunce della Cassazione sul principio di proporzionalità e ricordando che gli ermellini hanno «ribadito che l’uso delle armi deve costituire l’extrema ratio nella scelta dei mezzi per l’adempimento del dovere». Ma quando dei pubblici ufficiali possono usare le armi per fermare dei ladri in fuga? «Solo quando non siano praticabili altre modalità di intervento - si legge nelle motivazioni - e venga rispettato il principio di proporzione da intendersi come necessario bilanciamento tra interessi contrapposti in relazione alla situazione specifica».

È proprio sulla situazione specifica che durante il processo le valutazioni tra pubblica accusa (pm Mariangela Farneti) e difesa (avvocati Mario e Alessandro Scaloni) erano andate in direzioni opposte. Per i legali dell’appuntato quel suv, con a bordo una banda che aveva già commesso razzie, era un pericolo pubblico, lanciata in fuga in un centro abitato dove si stava per altro svolgendo una festa paesana. Lo stesso giudice Zagoreo riconosce che recenti decisioni della Suprema corte non ritengono più la fuga «come elemento sempre delegittimante l’uso delle armi» e bisogna verificare caso per caso «se la fuga di per sé ponga in pericolo altri beni o sia meramente finalizzata a sottrarsi all’arresto». Si può sparare se la fuga «assume i connotati della resistenza attiva», come nel caso della «fuga con armi».


  Nel caso di Ostra Vetere invece, secondo il giudice, la fuga dei ladri non rivestiva «quel carattere di pericolosità richiesto per l’applicazione dell’esimente invocata», ovvero l’uso legittimo delle armi, essendo «esclusivamente finalizzata a evitare l’arresto». Il giudice riconosce che gli uomini del suv erano gli autori delle incursioni avvenute quella sera nelle abitazioni della zona, visto il ritrovamento della refurtiva e di arnesi da scasso nella Mercedes. Ma spiega che non c’erano prove che i ladri fossero in possesso di armi, «non essendo state adoperate al momento del controllo, né segnalate dai denuncianti, né rinvenute a bordo dell’auto abbandonata dopo il ferimento». E inoltre la ripartenza repentina dell’auto per il gup Zagoreo non avrebbe messo «in alcun modo a repentaglio l’incolumità dei militari, trovandosi gli stessi di fianco o dietro la Mercedes. La strada inoltre, si legge in un passaggio delle motivazioni contestato radicalmente dalla difesa dell’appuntato, non era trafficata e anche tenendo conto della stagione invernale e dell’orario deve escludersi che la ripartenza dell’auto «a una velocità di sicuro non sostenutissima, avrebbe potuto mettere a repentaglio gli utenti della strada».

Ma cosa dovevano fare quei carabinieri, con una normale auto di servizio, per fermare il potente suv di una banda di ladri reduce da furti in serie? «Si sarebbero potute scegliere opzioni alternative - spiega il giudice - quali l’inseguimento dell’auto, la segnalazione della fuga ad altre pattuglie in zona e, da ultimo, l’esplosione di colpi non in direzione dell’auto, seppur verso le gomme, ma in aria e a scopo puramente intimidatorio». «La scelta di utilizzare la pistola per impedire la fuga non può non ritenersi del tutto sproporzionata», si legge nelle motivazioni. Vietato sparare alle ruote dei ladri in fuga, a meno che non abbiano armi ben in vista.
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