«Neonato morto per un cesareo in ritardo». Ancona, dopo 10 anni i genitori fanno causa al Salesi

«Neonato morto per un cesareo in ritardo». Dopo 10 anni i genitori fanno causa al Salesi
«Neonato morto per un cesareo in ritardo». Dopo 10 anni i genitori fanno causa al Salesi
di Federica Serfilippi
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Mercoledì 20 Marzo 2024, 02:15 - Ultimo aggiornamento: 19:03

ANCONA Dalla gioia per il primo, e tanto desiderato figlio, al dolore infinito. Era durata appena due ore la vita di un bambino nato il 10 settembre del 2014 al Salesi, dopo un parto cesareo e alcune gravi complicazioni insorte, come la rottura dell’utero della mamma, una donna residente con il marito in provincia di Fermo. A distanza di quasi dieci anni dalla tragedia, i genitori hanno incardinato una causa contro l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche


La conciliazione fallita

Dopo il fallimento del tentativo conciliatorio, sarà ora il giudice civile a valutare il procedimento e, nel caso, disporre una risarcimento nei confronti della famiglia, assistita dall’avvocato Moira Tomassetti del foro di Ascoli Piceno. La prima udienza non è stata ancora fissata. Assai probabile che il procedimento si baserà sulle rispettive consulenze di parte. Stando a quanto ricostruito, la paziente era arrivata al Salesi un paio di giorni prima del parto (che non era programmato): lamentava dolori lancinanti all’altezza del basso ventre. Era alla ventinovesima settimana. Già prima di quell’episodio, la gravidanza era stata particolarmente monitorata, poiché la donna, trentenne, aveva subito in passato un intervento che - stando alle consulenze tecniche - avrebbe aumentato il rischio di rottura dell’utero.

I dolori sarebbero andati avanti per due giorni, in maniera intensa, fino al 10 settembre 2014, quando era stata ravvisato un rallentamento del battito del bimbo. I medici avevano deciso di intervenire con il cesareo. Il piccolo è venuto alla luce, morendo dopo due ore. Il decesso, come descritto dai consulenti della famiglia, è riconducibile, tra le altre cause, a «un’asfissia grave prenatale» e «bradicardia dopo la rottura dell’utero». Ci sarebbe stato un ritardo sulle tempistiche del cesareo, che «ha determinato la grave sofferenza fetale con il conseguente decesso del nascituro che si sarebbe potuto evitare con un più precoce intervento dei sanitari». I consulenti parlano di una «mancata diagnosti tempestiva» in considerazione dei «rischi clinici sul rischio di rottura dell’utero e sulla rottura dell’utero conclamata». Ora, parola al giudice. 

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