Casa a luci rosse subaffittata a una squillo ad Ancona: poliziotto si finge cliente, sfruttatore a giudizio

Casa a luci rosse subaffittata a una squillo ad Ancona: poliziotto si finge cliente, sfruttatore a giudizio
Casa a luci rosse subaffittata a una squillo ad Ancona: poliziotto si finge cliente, sfruttatore a giudizio
di Stefano Rispoli
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Martedì 2 Aprile 2024, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 15:14

ANCONA A scoprire l’alcova a luci rosse era stato un poliziotto della Squadra Mobile. Lasciandosi “ispirare” da un annuncio hot con tanto di numero di cellulare, si era finto cliente per concordare una prestazione sessuale con la giovane squillo dominicana. Ma quando si è presentato in casa e lei le ha mostrato il divano su cui avrebbero dovuto trascorrere un’ora di intimità al prezzo concordato di 80 euro, lui ha esibito il distintivo e ha interrotto bruscamente la serata.

L’irruzione

Era l’estate del 2017.

Nel blitz all’interno dell’abitazione di Ancona, trasformata in un covo del piacere, i poliziotti non trovarono solo l’avvenente escort, ma anche un sudamericano che poi è risultato l’intestatario dell’affitto. Per quanto si giustificò subito, dicendo di non sapere nulla e di essere rientrato da poco da un lungo periodo trascorso fuori città, il 40enne è finito a processo con l’accusa di sfruttamento della prostituzione.

Secondo le indagini condotte dagli 007 della questura dorica, infatti, il sudamericano aveva dato in subaffitto l’appartamento alla squillo, dalla quale percepiva un introito mensile ingiustificato rispetto al valore della casa. Insomma, dietro la maschera dell’affitto, sempre secondo l’accusa, si nascondeva in realtà un vero e proprio sfruttamento del corpo della donna: la induceva a concedersi ai clienti per poi trattenere una quota della cifra pattuita, generalmente dagli 80 ai 100 euro per una prestazione completa.

La scorsa settimana in tribunale è stato ascoltato dal giudice Martina Marinangeli il poliziotto che si finse cliente. «Concordai l’appuntamento chiamando la donna al numero trovato in un annuncio - ha raccontato - e quando entrai in casa trovai lei in abiti succinti, il divano su cui avrei dovuto consumare la prestazione sessuale e, nell’altra stanza, l’imputato». Il 40enne, difeso dall’avvocato Giacomo Curzi, sostiene che per molto tempo non aveva vissuto in quell’abitazione e che del “lavoro” della donna non sapeva nulla. Il processo è stato rinviato al prossimo 4 ottobre per ascoltare la ragazza.

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