Pieroni in cella, il suo avvocato
«Sta troppo male per il carcere»

Pieroni in cella, il suo avvocato «Sta troppo male per il carcere»
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Domenica 4 Giugno 2017, 09:19
ANCONA - A distanza di quasi 13 anni dal primo arresto per l’accusa di aver taroccato i bilanci dell’Ancona Calcio, Ermanno Pieroni è tornato in carcere per scontare un residuo di condanna, circa tre mesi, proprio per la bancarotta del club biancorosso fallito il 10 agosto del 2004. Giovedì pomeriggio il giudice di sorveglianza del tribunale di Macerata ha revocato il piantonamento all’ospedale di Ascoli, dove Pieroni si trovava ricoverato da sei giorni in Cardiologia.

L’ex patron biancorosso, 72 anni compiuti l’8 maggio, è stato tradotto nel carcere di Marino del Tronto, dove venerdì mattina, nonostante la giornata festiva, è corso l’avvocato Alessandro Angelozzi con una pila di documenti sanitari sotto il braccio, tutte carte che a suo avviso illustrano chiaramente come le condizioni di salute del dirigente sportivo non siano compatibili con il regime carcerario. «Avevo già consegnato la documentazione clinica completa al magistrato - spiega il legale ascolano che assiste Pieroni - e ho ritenuto opportuno fornire le stesse informazioni al responsabile sanitario del carcere di Marino del Tronto, affinché possa valutare con cognizione di causa. Oltre alla patologia cardiologica, c’è un altro tipo di problematica, molto seria, per la quale era stato già programmato un intervento chirurgico all’ospedale Niguarda di Milano il 6 giugno, martedì prossimo. Spero proprio che venga concesso il permesso per non saltare questo importante appuntamento».

Proprio per le sue condizioni di salute, oltre che per consentirgli di lavorare e mantenere la famiglia, nel marzo scorso era stato concessa a Ermanno Pieroni dal tribunale di sorveglianza di Ancona la possibilità di scontare in detenzione domiciliare, anziché in cella, un residuo di pena di sei mesi e mezzo che ancora pendeva dopo la condanna definitiva per il reato di bancarotta per distrazione (quattro anni). Avanzavano meno di 200 giorni, tolti i tre anni condonati e la custodia cautelare sofferta nel 2004, quando scontò 179 giorni di arresti, prima rinchiuso per due mesi e mezzo nel carcere di Montacuto e poi ai domiciliari nel suo appartamento di via dei Priori a Perugia. Il beneficio della detenzione domiciliare però gli era stato revocato nove giorni fa per una trasferta di lavoro non autorizzata dal giudice a Trapani.

Pieroni, anche senza nulla osta del magistrato, era convinto di potersi spostare per quattro giorni in Sicilia, avendo comunicato i suoi movimenti via WhatsApp a un ispettore di polizia. «Riteneva che quel messaggio fosse sufficiente - spiega l’avvocato Angelozzi - l’ha fatto in buona fede». Ma per il giudice non bastava certo la comunicazione in chat, per autorizzare Pieroni a lasciare per quattro giorni il suo luogo di detenzione domiciliare e starsene a Trapani dal 5 al 9 maggio. Così, appena il giudice ha scoperto la scappatella non autorizzata, s’è messa in modo la procedura che ha portato alla revoca del beneficio.
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