Caporossi e il diagolo: "Aiutateci
a combattere i furti in abitazione"

Caporossi e il diagolo: "Aiutateci a combattere i furti in abitazione"
di Emanuele Coppari
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Sabato 21 Novembre 2015, 02:28 - Ultimo aggiornamento: 6 Novembre, 10:38
ANCONA - La collaborazione per recuperare i rapporti personali per affrontare una delle emergenze del momento. Si è parlato di sicurezza ieri al Corriere Adriatico, durante la visita del colonnello Stefano Caporossi, comandante provinciale dei carabinieri. Il colonnello Caporossi, accolto dal direttore Paolo Traini, ha spaziato dalla qualità della vita ad Ancona ai furti in casa, collaborazione con i cittadini per costruire insieme la sicurezza.



“La città è vivibilissima, del resto io vengo da Roma e davvero non c’è confronto. Sono nato ad Apecchio, e so come sono i marchigiani, conosco gli anconetani chiusi per natura”. Al colonnello la città va proprio a genio. “Ancona mi piace, è a misura d’uomo”. Certo, c’è da fare i conti con i problemi di tutti i capoluoghi. “Ci sono le difficoltà a cui deve far fronte l’amministrazione comunale impegnata a garantire il decoro urbano, per rendere le strade più percorribili e illuminare e curare tutti i quartieri allo stesso modo”. Il concetto di vivibilità nel capoluogo, in particolare in alcune zone di frontiera come quella del Piano, si declina nella capacità di tessere relazioni di rispetto e interazione con altre etnie, culture e abitudini.



“A volte - fa notare il colonnello Caporossi - si esasperano i rapporti con le persone che non sono del posto”. In questo senso serve un salto culturale. “Capita che chi chiede l’elemosina venga visto come una minaccia o un potenziale pericolo”. Riavvolge il nastro della storia personale il comandante e gli scorrono davanti alla memoria scene che sfoglia come fotografie intrise di nostalgia. “Non dobbiamo mai dimenticare che tanti marchigiani sono stati immigrati. Ricordo da piccolo il flusso di paesani che salivano sui pullman per andare a potare l’uva in Svizzera”.



Servono apertura mentale e capacità di discernimento. “Tra gli stranieri c’è chi vive di espedienti, ma anche chi è costretto a fuggire da realtà di guerra e di povertà”. Dunque mente e cuore spalancati per accogliere l’altro e vivere meglio. Ma anche occhi aperti, per tentare di alzare uno scudo e proteggersi davanti all’ondata di furti. Il colonnello Caporossi torna all’esperienza romana, nobilitata dalla divisa di divisa di corazziere e dall’incarico di responsabile della sicurezza nel palazzo del Quirinale. “Rivivo il periodo tra il 2001 e il 2005, a Roma, quando c’è stata una grande diffusione di reati predatori”.



Il consiglio può sembrare banale, ma può essere la chiave di volte: usare cautela. “Bisogna auto tutelarsi - avverte Caporossi -. Lasciare la chiave sul cruscotto dell’auto o sul portone di casa, lasciare la finestra aperta agevola l’opera di chi entra negli appartamenti”. Serve attenzione. “Nelle loro abitudini quotidiane le persone devono essere più accorte. In questo senso possono aiutare molto anche i rapporti di vicinato nel caso si dovesse scorgere la presenza di persone o vetture sospette”.



Al comandante sta molto a cuore il tema della sicurezza partecipata. “C’è stata l’informatizzazione di tutto e si è perso il rapporto con i cittadini, che va recuperato. Occorre restituire valenza allo scambio di informazioni”. Concetto di attualità, visto che si fa gran parlare di vigilanza di quartiere, auspicata in questi giorni per esempio dal sindaco di Senigallia. “Deve crescere la consapevolezza che la sicurezza riguarda tutti e non solo le forze di polizia, perciò sono opportune le segnalazioni attraverso telefonate, messaggi o rapporti colloquiali”, sottolinea il comandante. Il colonnello è aperto alle varie forme di collaborazione, “anche perché tanti nostri reparti risentono dei tagli che costringono ad ottimizzare le risorse per garantire al meglio i servizi”. Ma avverte: “Bisogna evitare il rischio di strumentalizzare situazioni, o di farne questioni personali”.



Caporossi parla dall’alto di un curriculum impreziosito dai due anni da comandante della Compagnia di Reggio Calabria, dove ha guidato attività investigative di contrasto alla n’drangheta. “Nel territorio provinciale non ci sono problematiche particolarmente pressanti”. Lo spunto dalla cronaca: il bancomat fatto saltare a Falconara due notti fa. “Gli autori di questo tipo di reati non sono radicati qua, possono venire da tutte le parti. Per prenderli c’è bisogno di pazienza e degli strumenti giusti”. Telecamere che siano efficaci, tanto per citarne uno. “A volte gli impianti di video sorveglianza sono realizzati male e non sono di aiuto alle indagini”. Arrivava sicuramente da fuori regione il commando che ha assalto il furgone portavalori sull’A14 il 30 settembre scorso.



“Sono batterie pugliesi, proprio a Bari c’è stato un colpo fotocopia”. Carabiniere per Dna il colonnello Stefano Caporossi, l’amore per l’Arma è impresso nell’anima e prima ancora nel destino, tramandata per vocazione familiare. Figlio di un appuntato, Stefano Caporossi ha vissuto intensamente una vita dedicata all’Arma, con lavoro duro e sacrificio, orgoglio e passione, dalla Stazione di Montemarciano alla dura realtà di Reggio Calabria, al Quirinale. “Tanti sacrifici e tanti spostamenti sono ripagati dalla consapevolezza di fare qualcosa di utile per gli altri”, aveva commentato all’atto del suo insediamento a capo dell’Arma provinciale. Un ritorno a casa per il colonnello che ha toccato l’apice con la protezione del Presidente della Repubblica nelle vesti di comandante del Reparto sicurezza del Reggimento Corazzieri al Quirinale. Marchigiano di Apecchio è stato comandante di Compagnia a Monterotondo (Roma) e soprattutto a Reggio Calabria, dove ha affrontato la criminalità organizzata indagando anche sull'omicidio del vicepresidente del consiglio regionale Francesco Fortugno, ucciso a Locri fuori da un seggio delle primarie del centrosinistra.



I tentacoli della piovra non sembrano allungarsi sul nostro territorio. Ma la guardia deve essere sempre alta. “Certi fenomeni - aveva osservato il colonnello -, non si possono escludere in assoluto. Ancona è una zona viva dal punto di vista imprenditoriale e proprio il momento di crisi potrebbe creare un terreno più favorevole a fare attecchire il crimine organizzato. Occorre cercare di impedire che accada ciò che è successo altrove”.
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