L’agronomo Carlo Magliola: «Io promessa del nuoto, fui bullizzato a scuola»

L’agronomo Carlo Magliola: «Io promessa del nuoto, fui bullizzato a scuola»
L’agronomo Carlo Magliola: «Io promessa del nuoto, fui bullizzato a scuola»
di Lucilla Niccolini
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Domenica 19 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20 Novembre, 07:20

Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa»: della lezione di Trilussa, Carlo Magliola ha trovato conferma nel tempo, su strade a volte impervie, piene di buche e di fango. Quello di cui si imbrattava quando, adolescente, percorreva i sentieri di campagna, il sabato mattina, addestrato alla disciplina dal padre Valerio, organizzatore sportivo. Carlo è nato a Roma nel ‘54, ultimo di tre figli. Il padre, ingegnere romano in servizio alla Motorizzazione civile di Perugia, gli ha trasmesso la passione per la Roma calcio, rafforzata da tante domeniche all’Olimpico. Poi, il trasferimento ad Ancona, città di mare, dove Carlo è diventato una promessa del nuoto.

«Medaglia d’argento, nel ‘66, alla Traversata del porto. Avevo 12 anni, gli altri concorrenti mi superavano in altezza di qualche spanna». D’estate, ogni mattina si allenava nella piscina del Passetto. «Quando arrivava la folla dei bagnanti, scendevo alle grotte, per poi tornare in piscina nel tardo pomeriggio. Sempre in acqua». 


L’altro sport


Una promessa, Carlo, tradita quando il coach non lo convoca per un meeting con la squadra di Parigi. Per la delusione, cambia sport. «Atletica, con mia sorella Paola, a Recanati, dove ci accompagnava papà, che ci ha sempre spronato a fare meglio. Ho partecipato a due edizioni del Palio di Ancona, una con il quartiere di Posatora, e una con il San Pietro, dove nel frattempo avevamo preso casa, in piazza Stracca».  Alle medie Tommaseo, vive una vicenda di bullismo, raccontata in uno dei suoi libri. «Vittima di tre piccoli guappi del vicino orfanotrofio, fui spalleggiato da un compagno coraggioso, orfano come loro, ma solidale con me». Scoprì così il valore dell’amicizia, rinsaldato dal sodalizio, negli anni del liceo scientifico, con Ciro Del Pesce e Leonardo Zuccaro. «Sezione A, lingua straniera Tedesco, con i prof più esigenti». Mai uno sconto, un’agevolazione, perché affrontare le difficoltà fa crescere, sosteneva papà Valerio. Che però, quando Carlo supera la maturità, è contrario a mandarlo fuori a studiare. «Voleva mi iscrivessi ad Ancona, Ingegneria, Medicina o Economia. Ma io volevo andarmene via, conoscere il mondo. Forse già allora mi intrigava la tutela dell’ambiente». 
Con Ciro e Leonardo, infatti, avevano pianificato di iscriversi ad Agraria a Perugia, dove avevano fermato un appartamento. «Mio padre acconsentì a lasciarmi andare fuori da Ancona, ma a Bologna, ospitato da una sua vecchia conoscente».

Una casa “alternativa”, quella di Giuliana, odorosa di erba, che teneva in cucina una scimmia in gabbia.

Intanto, Carlo lavora alla Lega delle Cooperative. «Assistente tecnico, giravo per le campagne marchigiane a dispensare consigli ai contadini, che semmai insegnavano a me come si coltiva la terra». Studente lavoratore, per mantenersi agli studi, «e per tornare spesso ad Ancona, e incontrare Lucia, la mia ragazza». Si sposano, e nell’80 nasce Elena. «Ormai laureato, lasciai la Lega per entrare in un programma ministeriale per combattere l’infertilità bovina». Poi l’avvicinamento ad Ancona. All’Aquater di San Lorenzo in Campo, gruppo Eni, cercavano agronomi per sviluppare progetti di gestione dei parchi naturali, studiare l’inquinamento del suolo da coltivazione.

«Fummo tra i primi a occuparci di impatto ambientale, offrendo consulenza ai Comuni, per i piani regolatori, e alle università». Ma, nel ‘90, la sua Lucia si ammala, e muore nel ‘93. Elena ha solo 13 anni. «Di giorno, se ne occupavano i nonni materni. Ci ritrovavamo la sera. Insieme, abbiamo fronteggiato il vuoto, a testa alta. Un lutto sempre rimosso, per sopravvivere, mai elaborato fino in fondo». 


La carriera 


Intanto il tema ambientale si fa strada nella società, anche nell’industria dei metanodotti, e Carlo passa alla Snamprogetti. «Quando partì il progetto sul rigassificatore di Rovigo, sono entrato nella task force. Poi, ho seguito le condotte sottomarine, con le problematiche del mare; tra i progetti più rilevanti, il Tap e le condotte di Sachalin». Un bel passaggio, dalle tube delle vacche ai tubi per il trasporto degli idrocarburi, e Carlo rimane un grillo parlante sull’impatto ambientale. «Eravamo scomodi per le imprese, ma anche per gli ambientalisti, a volte, troppo radicali per ignoranza».

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