Muore in attesa di un intervento
Il pm chiede dieci mesi di carcere

Muore in attesa di un intervento Il pm chiede dieci mesi di carcere
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Mercoledì 20 Settembre 2017, 07:05
ANCONA - Per quattro ore ha atteso un’operazione che le avrebbe potuto salvare la vita. Ma in sala operatoria, una jesina di 66 anni non c’è mai arrivata. È morta prima che l’équipe di cardiochirurgia dell’ospedale regionale di Torrette potesse intervenire per ridurre la lesione aortica che le è costata la vita il 18 settembre 2014. 

A quasi tre anni esatti dalla tragedia, la procura ha presentato il conto al medico (M.B. le iniziali) che all’epoca, secondo la procura, avrebbe dovuto eseguire immediatamente l’operazione. Per il cardiochirurgo accusato di omicidio colposo, il pm Marco Pucilli ha chiesto ieri la condanna a 10 mesi di reclusione, considerando il rito abbreviato con cui la difesa, rappresentata dall’avvocato Alessandro Scaloni, ha deciso di affrontare il procedimento convinta di poter dimostrare l’innocenza del chirurgo. Il gup Paola Moscaroli deciderà il 7 novembre, esaminando anche la richiesta risarcitoria presentata dalla famiglia della vittima che sfiora i 2 milioni. In otto si sono costituti parte civile tramite gli avvocati Guerrino Ortini e Vittorio Bucci. 
Per la vittima e i suoi cari, la tragedia si era consumata nell’arco di un pomeriggio. La donna aveva accusato un malore in tarda mattinata. Un dolore lancinante al petto che aveva fatto temere il peggio. La jesina era stata raggiunta da un’ambulanza con a bordo un cardiologo che aveva compreso subito la gravità della situazione, tanto che Maria S., 66 anni, era stata trasportata direttamente all’ospedale di Torrette, senza passare dal nosocomio locale. Alle 13.42 era avvenuto l’ingresso al pronto soccorso con codice rosso. 

Bisognerà aspettare tre ore per il trasferimento nel reparto di Cardiochirurgia e la diagnosi: «verosimile dissecazione aortica» e «sindrome aortica acuta da aneurisma dell’aorta ascendente». Dopo un consulto tra tre medici, attorno alle 17 ci sarebbe stata la decisione di operare urgentemente la donna. Sotto i ferri non c’è mai andata. È morta poco dopo le 21, per il sopraggiungere di ulteriori complicanze dovute alla lesione aortica. Eppure – dice la procura – la sala operatoria era libera e non c’era tempo da perdere. Tutt’altra la versione della difesa. La situazione della donna, il cui quadro clinico era molto complesso, era da considerarsi una questione di urgenza e non di emergenza. Di qui, la scelta di non intervenire all’istante.
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