Sono innocente: rock e malinconia
nel nuovo album di Vasco Rossi

Sono innocente: rock e malinconia nel nuovo album di Vasco Rossi
di Marco Molendini
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Giovedì 30 Ottobre 2014, 20:47 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 10:51
ROMA - È un album forte, fatto di contrasti, un disco tambureggiante che sa di rock appena si apre (con un colpo vibrante di chitarra), ma su cui volteggia un magico velo di malinconia. «La realtà fa schifo, ma è questa e dobbiamo tenere duro» è la lapidaria sentenza del Blasco.



Sono innocente è l'album numero 17 di Vasco Rossi («no, non sono superstizioso, quel numero mi ha sempre portato bene», dice). Il nuovo capitolo di una carriera che dura da 36 anni è stato presentato al Medimex di Bari, la fiera della musica che si è aperta oggi. E' un disco dove l'estetica rossiana si ripropone con baldanza e sicurezza e si esprime al meglio nelle ballate, da sempre il cavallo di battaglia del rocker di Zocca: oltre alla già edita Dannate nuvole (destinata a restare nel suo catalogo più nobile), Quante volte, Aspettami (storia di un amore fedifrago), il singolo Come vorrei descritto «come seguito ideale di Vivere non è facile».



Nel catalogo c'è anche un pezzo che sorprendentemente richiama il country di un autore lontano da Vasco come Angelo Branduardi, L'ape regina (una ragazza «un po' dolce e un po' sgualdrina») e c'è, addirittura, un recupero dai cassetti di Marta piange ancora «scritta ì15 anni fa, regalata ad amici e poi finita sul web».



Un viaggio denso realizzato col fido Guido Elmi, una pattuglia di collaboratori, il chitarrista Vince Pastano (ma figurano anche interventi di Stef Burns e di altri abituali frequentatori del mondo vaschiano), un batterista rombante come Glen Sobel, pescato dalla band di un reduce del rock più duro come Alice Cooper, e a sigillare il tutto un titolo che si rifà ai suoi precedenti esistenziali.



Il Blasco è uno che non nasconde di averne provate di tutte nella vita, dalla prigione a ogni tipo di droghe «non l'eroina, perché so e sapevo che poi non te ne liberi più», ma che rivendica quella frequentazione come stimolo creativo (a proposito merita di essere seguita l'intervista che il 5 va in onda su Sky Arte a conclusione del ciclo di ritratti che il canale gli ha dedicato). Ammette Vasco, pur nell'onda euforica del successo, di combattere ancora con il mal di vivere, con la depressione («la conosco bene, ne sono affetto da sempre») e che «le ferite del passato gli fanno ancora male, anche se oggi sono solo cicatrici».



Dice di vivere isolato o, quantomeno, non in mezzo alla gente. Sostiene che «chi lo giudica corruttore dei giovani non ha capito niente, racconto solo realtà vere» e di non guardare mai la tv («preferisco leggere un libro»). La musica ha il ruolo di consolazione: «Il piacere è la consapevolezza che il pubblico si immedesima in quello che dico e sono contento di far la parte di chi può cambiare l'umore di una giornata». Infine rivendica di sentirsi numero uno per merito effettivo: «Una volta ho detto di sentirmi numero uno, due e tre e che dietro c'è solo bagarre. E' una di quelle battute che potrei evitare. Però ci tengo a far notare che ho imparato a stare sul palco facendo gavetta al ritmo di 150 concerti l'anno, convincendo le persone, una a una, che si stavano divertendo con la mia musica. Pochi possono contare su questa esperienza».




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