Festival di Cannes, la Palma d'Oro
a Jacques Audiard. Italiani a secco

Jacques Audiard
Jacques Audiard
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Domenica 24 Maggio 2015, 20:30 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 18:05

CANNES - È la notte dei premi a Cannes, dove si chiude la 68° edizione del Festival del Cinema.

Delusione, amarezza, fatale destino: les italiens tornano a mani vuote e quel che più impressiona è la tristezza palpabile perchè le attese fino a poche ore prima della vigilia erano altissime, oscillanti tra i tre, con picchi per Moretti e altrettanti per Sorrentino. Paolo Del Brocco di Rai Cinema e Giampaolo Letta di Medusa hanno preso nel pomeriggio il primo aereo disponibile e sono tornati in Italia: a Fiumicino si sono fatti un selfie poi messo su twitter con l'hastag #occhiononvedecuorenonduole, insomma hanno provato a non pensarci e ironizzare ma certo stasera per noi il titolo è La Grande Amarezza.

I tre registi dopo una giornata, sabato, in attesa della telefonata di preallarme del protocollo del festival e una prima mattina in ansia hanno smesso di sperare.

E dire che quella foto di loro tre insieme era proprio una bella immaginetta, i superstiziosi diranno che ha portato sfortuna.

«Gli esiti delle giurie e non solo a Cannes - commenta Riccardo Tozzi produttore di Cattleya e presidente Anica - sono dei terni al lotto e vanno presi con le molle. I nostri film, Moretti, Garrone e Sorrentino sono stati accolti molto bene dalla critica e sono stati protagonisti del Marchè con vendite importanti. Questo è l'unico dato oggettivo. Ciò detto, avere molti film in concorso ma non un giurato, è una situazione rischiosa».

L'assenza di un giurato italiano può essere stata decisiva nella composizione del palmares. Nel 2008, è bene ricordarlo, l'Italia vinse una notte a Cannes memorabile con secondo e terzo premio (il primo andò a La classe di Cantet) per Gomorra di Garrone e Il Divo di Sorrentino. Roba da far suonare i clacson nelle strade, perchè non accadeva dal 1972, quando la Palma fu divisa tra Il caso Mattei di Francesco Rosi e La classe operaia va in paradiso di Elio Petri. Nella giuria presieduta da Sean Penn c'era Sergio Castellitto, il classico 'uomo in più«.

»Ogni festival è una storia a sè, ogni giuria è diversa e ha gusti e strategie diverse. Non ho ancora visto i film di quest'anno - ha detto Sergio Castellitto - Quando io fui in giuria a Cannes c'erano due straordinari film italiani. Certamente io fui un giurato appassionato e decisivo, soprattutto nel difendere e riuscire a far premiare entrambi i film . Però non necessariamente un giurato del tuo paese può esserti amico. Non dimentichiamo che spesso i registi si lamentano di essere più criticati nel proprio paese che all'estero«.

Giampaolo Letta parla esplicitamente di »delusione, amarezza, tristezza ma i festival sono fatti così, certo per l'Italia suona come uno schiaffo. Tre film così diversi ma così ben accolti usciti senza premio è una cosa punitiva e sproporzionata. Per La Grande Bellezza era successo lo stesso di andar via da Cannes delusi. Comunque, conclude, Youth ci sta dando già grandi soddisfazioni al botteghino con oltre 1 milione 700 mila euro in quattro giorni«. Anche per Paolo Del Brocco, »non averli considerati è perlomeno curioso. Sono stati ben accolti dalla critica e dal pubblico in sala con lunghissime ovazioni, venduti benissimo al mercato, ci si aspettava qualcosa negarlo è inutile. Nel momento in cui la nostra industria cinematografica è stata così forte di portare tre film importanti in concorso uscire a mani vuote si resta male e anche guardando al contesto, non c'erano film spaziali non è stata un'annata con un livello pazzesco e rivali assurdi«.

Piera Detassis, neo presidente della fondazione cinema per Roma osserva: »Evidentemente la cosa può essere vista dal punto di vista politico. Quando ci sono tre prodotti di quella qualità come i nostri tre film di Sorrentino, Moretti e Garrone, ci deve essere un problema. Probabilmente manca all'Italia una politica industriale giusta che abbia la capacità di fare sistema. E poi, va detto, che abbiamo vinto, quasi sempre, quando in giuria c'era un italiano«. E pensare che il ministro Dario Franceschini si era pure portato avanti, arrivando ieri sera al festival per partecipare alla cerimonia che avrebbe dovuto secondo le migliori intenzioni premiare l'Italia. È rimasto stasera: »Cannes è un grande Festival anche quando gli italiani non vincono. Un dovere essere qui: Francia e Italia sono insieme il cinema europeo«, è stato il suo tweet.

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