Rezza&Mastrella
irriverenza Fratto X

Rezza&Mastrella irriverenza Fratto X
2 Minuti di Lettura
Venerdì 21 Febbraio 2014, 11:15 - Ultimo aggiornamento: 11:16
FERMO - La genialit pu nascere dalla mancanza di regole che l’uomo si impone per vivere? La risposta s, se a mostrarci come sia possibile sono Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Il duo cinico e irriverente arriva oggi alle 21 al Teatro dell’Aquila di Fermo con lo spettacolo Fratto_X, per la rassegna Classico Contemporaneo. Fratto_X un testo assurdo e provocatorio, stare fuori posto, l’odio verso la realt, verso la mistificazione del teatro. Fratto_X: un titolo curioso, a cui segue un’altrettanto curiosa descrizione quale “mai stato scritto da Antonio Rezza”: che tipo di spettacolo è?

È uno spettacolo di Flavia Mastrella e mio in cui si lavora su un habitat preesistente - ossia arte contemporanea prestata alla performance, tanto che gli stessi habitat vengono poi esposti in gallerie come il Mambo di Bologna. Un’opera d’arte che viene invasa dal corpo e da cui nasce una pseudo-drammaturgia. Lo spettacolo è molto variopinto, ma sono la persona meno adatta a parlare di quello di cui lo spettacolo parla, forse lo spettacolo nemmeno parla (ride, ndr)! C’è una X gigante che è una suggestione luminosa di Flavia dove avvengono una serie di cose all’interno e all’esterno.



Quanto condiziona lo spettacolo l’habitat costruito da Flavia Mastrella?

Lo condiziona fortemente, perché è uno spazio che non mi appartiene. Quando mi calo in questo habitat sono condizionato dalle suggestioni e dalle forme che suggerisce, quindi è un discorso dove nessuno può dire niente all’altro, c’è un’anarchia relazionale che impedisce a ognuno di interferire sul lavoro dell'altro.



Incuriosisce il fatto che sia uno spettacolo senza trama, sicuramente non si può dire che sia uno spettacolo di teatro di narrazione...

Per fortuna no! Il teatro di narrazione è la fine della libertà per lo spettatore. Nello spettacolo non si parla di una cosa soltanto, facciamo un discorso per significati stratificati dove ognuno capisce ciò che vuole.



Come si inserisce l’altro attore - Ivan Bellavista - all’interno di questo habitat e in relazione con lei?

Si inserisce in modo performativo: non siamo attori, lo spettacolo è molto parlato però è performativo, i corpi sono violentemente sollecitati. Ivan è un’altra persona che dà un ulteriore stimolo allo spettacolo.



Avete definito il vostro come “un teatro involontario”: che cosa significa?

Noi siamo in teatro per comodità; facciamo teatro perché permette più facilmente di creare queste esposizioni quotidiane che vengono fatte non soltanto nei musei, ma in spazi più vivi, dove la gente si muove e va a vedere.



Che cosa si deve aspettare il pubblico?

Il nostro pubblico non si deve mai aspettare niente. Nel nostro spettacolo c’è un riso sfrenato, senza precedenti. Ma non è solo quello, si muove intorno a una logica estetica particolare.



Quindi è un riso liberatorio?

Il riso è estetico compulsivo, la gente si muove sulla sedia, è un riso che avvicina alla libertà e non è codificato, si ride dell’assurdità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA