Diocleziano, biografia
davvero imperiale

Francesco Gaetano Caltagirone, Paolo Mieli, Alessandro Barbero e Umber
Francesco Gaetano Caltagirone, Paolo Mieli, Alessandro Barbero e Umber
di Emiliana Costa
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Mercoledì 1 Ottobre 2014, 16:00 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 16:57

ROMA - Diocleziano, l’imperatore-soldato che dal 284 al 305 restitu romanit a Roma e al suo Impero, entra in Campidoglio con la biografia firmata da Umberto Roberto. L’hanno presentata, entusiasticamente e appassionatamente, ad una sala dei Musei Capitolini gremita - oltre all’autore - il sindaco Marino, Paolo Mieli, Francesco Gaetano Caltagirone e lo storico Alessandro Barbero.

I conferenzieri si ritrovano uniti dalla passione comune per questo imperatore che l’avvento della cristianità voleva cancellato dalla Storia. Riemerge nei racconti di chi ne coglie (Mieli) «la storia maledetta dell’ultimo persecutore, ma anche il grande gesto dell’uscita di scena voluta dopo 20 anni di impero». Che anche Marino sottolinea, come «la maestosa opera delle Terme da 13 ettari».

L’ingegner Caltagirone veste i panni dell’appassionato e collega passato lontano a recenti svolte dell’umanità: «Sentiva il senso della missione: la missione era restituire all’Impero la romanità. Erano per Roma i tempi di minacce esterne e interne, l’epoca dei 30 tiranni: ricordava, l’Impero a quei tempi, l’Urss dissolta del dopo Muro.

La visione di Diocleziano è quella del grande riformista, di chi divide il potere perché non ne ha fame. Semplificatore, creatore di un fisco giusto e puntualissimo, calmieratore dell’inflazione. Farà di tutto per salvare la sua civiltà. I cristiani li perseguì perché volevano essere Stato nello Stato. E un romano non poteva accettare questo».

I figli Azzurra, Francesco e Alessandro, il gotha della politica, la gente comune ascolta. Barbero sottolinea: «Il suo punto debole? Dividere il potere in quattro significa dover avere lealtà assoluta, merce rara. Le persecuzioni? A quei tempi gli atei erano i cristiani. In ogni caso poi ci pensò Costantino a smontare quanto fatto da Diocleziano». Mieli scherza, ma nessuno fa una piega: «Che ne dite di fare mezzanotte a parlare di Diocleziano?» Dopo tanto oblìo, forse l’imperatore-soldato lo merita.

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