​Tre mostre in un solo giorno
per Sgarbi mattatore a Urbino

​Tre mostre in un solo giorno per Sgarbi mattatore a Urbino
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Lunedì 30 Marzo 2015, 20:03 - Ultimo aggiornamento: 2 Aprile, 12:28
URBINO - ​Tre mostre in un solo giorno per Sgarbi mattatore a Urbino. Se la stagione invernale, alla Galleria delle Marche, è stata da record di turisti e pubblico, la primavera promette assai meglio. Le mostre di “Cleopatra” di Artemisia Gentileschi, di “Incantazioni e anatomie dello spirito” di Rops e Mannelli e “Resurrezione” di Prospero Fontana, già dall’inaugurazione di ieri (29 marzo), toccano picchi di presenze da guinness.



Urbino è tornata a far parlare di sé e delle magie architettoniche, dei bijou d’arte e degli incantesimi di luce. Tanto di cappello al critico d’arte Vittorio Sgarbi che sembra far diventare d’oro quel che tocca. Come il tal re Mida. “Il dovere che io sento di lavorare per la città mi spinge a fare quello che magari ad altri è impossibile. Non vedo perché devo risparmiarmi. Sono cose fatte con una qualità molto alta. Il capolavoro di Artemisia Gentileschi dialoga con la Muta di Raffaello. Il quadro di Fontana celebra la Pasqua”. Splendido il suo accompagnamento davanti alle opere con centinaia di occhi a ispezionare ed orecchie ad intendere.



“La figura femminile di Cleopatra, di quasi insolente pesantezza fisica, di sgraziate forme parla di sensi e di sensualità – ha indottrinato il Vittorio nazionale - E non solo per il peso del corpo, mai così abbandonato, dilagante ma anche nel volto languido e lascivo. Così che, questa Cleopatra è un paradigma di realismo. Il corpo ignudo e lascivo è, in Caravaggio, di regola, maschile. Artemisia, naturalmente, traduce quella ispirazione al femminile. E l’impatto è ancora più forte, più evidente. Artemisia ribalta tutto. Nessuna concessione lirica o intimistica. Noi, di questa Cleopatra, sentiamo gli odori, il sudore, la puzza. Artemisia dipinge il suo manifesto, non di indipendenza psicologica della donna, ma di libertà del corpo, libertà anche di perdere l’armonia. La Cleopatra di Artemisia è una donna che muore e non ha tempo di pensare all'eleganza del suo corpo, a mostrarsi in ordine”.



Sgarbi è una fiumana di elucubrazioni artistico – critiche. Passa a Félicien Rops e Riccardo Mannelli come un assist di calcio: “…appare destino che Rops e Mannelli s’incontrassero in una mostra, tante e tali sono le affinità tra le vite dei due che, pur tese a quasi un secolo di distanza, viene da considerarle perpendicolari più ancora che parallele. Le loro opere, una volta scrutinate dai sempre frequenti tutori della morale, sono finite di regola classificate a cavallo tra il blasfemo e il pornografico. Mannelli fa raccontare ai corpi quella spaventata violenza che percepiva dissimulata dietro le maschere rassicuranti dei volti mentre Rops dichiarava che ‘il pittore deve dipingere il suo tempo… il carattere, il sentimento morale, le passioni e l’impressione psicologica di quel tempo. Se qualcuno politicamente vorrà fare osservazioni sarebbe messo a tacere. La politica è talmente subalterna a questa scelte che non può nemmeno discuterle. La città è così importante che meritava il mio impegno. Io sono orgoglioso di farlo per Urbino”. Infine chiude con la “Resurrezione”:



“Solo una personalità fuori del comune, colta e raffinata, ha potuto commissionare questa Resurrezione che si colloca fra gli esiti più alti del manierismo non solo bolognese”. Applausi e strette di mano infinite. Sgarbi ci sa proprio fare.
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