Delnevo convertito all'Islam, indagine sull'estremismo

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Lunedì 14 Dicembre 2015, 19:20
Ancona
Indagano i magistrati che cercano le trame del terrore. Ripercorrono le orme di Giuliano Delnevo, morto a 24 anni in Siria combattendo accanto ai ribelli contro il regime sanguinario di Assad nella battaglia di al Qusayr, e puntano lo sguardo sul punto esatto dove la vita del giovane genovese incrocia Ancona. Nel capoluogo dorico al culmine degli studi religiosi, si converte all'Islam e alimenta anima e cuore con i precetti del Corano e con pillole di radicalismo. L'atto di fede della "Shahada" per Giuliano è la chiave di accesso nella corrente rigorista dei seguaci di Allah, la spinta ad imbracciare le armi, affrontare viaggio e destino, e mettersi in gioco per il popolo siriano martoriato dalla dittatura. Non era un reclutatore di altri aspiranti fighters pronti al sacrificio di sé per la liberazione degli oppressi, ma lui stesso è stato reclutato ad Ancona. E' quanto risulta dalla richiesta di archiviazione che il procuratore aggiunto di Genova Nicola Piacente e il sostituto Silvio Franz hanno inviato al Gip nei giorni scorsi. Secondo i magistrati non vi sarebbero prove di partecipazione ad atti terroristici nel Paese e il reclutamento passivo è diventato reato solo nel febbraio 2015. Per questi motivi non ci sono i presupposti per procedere per il reato previsto dalla norma che regola e punisce l'associazione con finalità di terrorismo anche internazionale. Nel fascicolo erano scritti i nomi di Delnevo e di tre maghrebini. Umar Andrea Lazzaro, amico di Delnevo e anche lui convertito all'Islam, sarebbe stato indagato nel 2010 sempre per terrorismo ma la sua posizione era già stata archiviata. Ma c'è uno stralcio delle indagini ancora vivo, e fa sorgere interrogativi ai quali deve essere data una risposta. E' la parte relativa al proselitismo che, invece, è stata trasmessa alla procura di Ancona. Dalle indagini era emerso che Delnevo era arrivato nelle Marche nel 2008 per studiare il Corano. Proprio ad Ancona, secondo gli inquirenti, sono emersi elementi investigativi utili per l'attività di proselitismo. Stando a quanto è stato accertato finora, lo studente genovese si sarebbe unito alla Brigata di migrati, gruppo legato a una formazione estremista del Caucaso, il cui capo era un ceceno. Frugano in quel pezzo di storia i magistrati, rivoltano quel terreno per vedere se sotto si nascondono semi che possano ricondurre a cellule jihadiste. Passano sotto la lente dell'antiterrorismo le tracce di quella propaganda radicale, per scoprire se a quella fonte di indottrinamento possano essersi abbeverati militanti dello Stato islamico per prepararsi alla guerra santa contro l'occidente degli infedeli. Ancona e le Marche erano attraversate dall'apostolato musulmano? Come si svolgeva la predicazione e in che modo venivano reclutati gli adepti? E soprattutto: i venti del fondamentalismo che soffiavano dietro quell'attività di reclutamento fanno volteggiare gli spettri del terrorismo? Domande buone per gli inquirenti, chiamati a cercare e rivoltare la fascia grigia del proselitismo islamico e scovare piste investigative nuove, per certi aspetti inquietanti.
Dopo gli attentati di Parigi i controlli si sono fatti rigidissimi anche nelle Marche, dove l'attenzione si è concentrata sugli obiettivi sensibili: su tutti la Basilica di Loreto. E poi il porto. Ancona, crocevia di traffici ma anche di culture, è storicamente proiettata verso l'oriente. Ciriaco, il suo santo protettore, ha varcato la porta aperta ad est. Su quella soglia oggi possono presentarsi disperati in cerca di dignità e cani sciolti in missione per il Califfo. Finora nessuna notizia di messaggeri di morte. Adesso c'è un motivo in più per scovare dietro un profilo Facebook o un appartamento insospettabile si la faccia cattiva dell'Islam.
e.c.
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