Il generale Marco Mochi
"Fari puntati sul territorio"

Il generale Marco Mochi "Fari puntati sul territorio"
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Sabato 13 Dicembre 2014, 11:14 - Ultimo aggiornamento: 15 Dicembre, 17:15
ANCONA - A volte basta una stretta di mano per misurare la forza della presenza sul territorio. “Nelle comunità di periferia la gente mi viene incontro, come fossi un amico”. E' da queste sensazioni che il generale di brigata Marco Mochi, comandante della Legione carabinieri Marche, prende la convinzione del ruolo insostituibile delle stazioni sul territorio.



“Qui non retrocediamo di un passo”. Mochi, ieri, è stato in visita alla redazione del Corriere Adriatico, accolto dal direttore Paolo Traini e dal dirigente Salvatore Stagira. Il generale ha anche potuto apprezzare il Museo del giornale. Il verbo è la vicinanza alle persone, che solo con la presenza fisica si possono difendere: la fiducia per l’Arma e per i suoi valori si costruisce sul rapporto di tutti i giorni, così la divisa veste il cuore. I carabinieri danno il senso al loro esserci nelle Marche, regione tutto sommato tranquilla, anche oggi.



“E' il tessuto sociale marchigiano che tiene, gli anticorpi sono ottimi - osserva il generale -. Immediatamente vengono fatte le denunce, le forze sociali si mobilitano”. Per questo fa difficoltà ad attecchire la criminalità organizzata. E dire che le Marche potrebbero stuzzicare gli appetiti della malavita assetata di affari sporchi. L’economia gira ancora, i soldi anche. Ma il Dna di autodifesa ancora tiene, c’è una rete di protezione sociale che non lascia passare spifferi di criminalità.



“L’obiettivo - riprende Mochi - è cercare di mantenere questo status”, nella consapevolezza che ormai l’isola felice non esiste proprio più. “Lo dimostrano i reati che più suscitano allarme sociale, come i furti”, in una contraddizione solo apparente. Riflette il generale. “Le statistiche dei primi dieci mesi dell’anno indicano un calo ma la concentrazione degli episodi fa crescere allarme e percezione. Il reato predatorio incide in maniera devastante perché chi lo subisce si sente violato nell’intimo”. A colpire sono stranieri, spesso pendolari.



“Arrivano dal Nord Italia - spiega - si fanno anche mille chilometri a notte per mettere a segno colpi mordi e fuggi”. I consigli sembrano banali, ma servono sempre. E serve attenzione è il monito del generale di brigata. “La finestra non può essere lasciata socchiusa. E’ importante avere un atteggiamento mentale diverso”. Missione non certo impossibile, vista “la collaborazione dei cittadini che aiutano e segnalano situazioni anomale”. Tradotto in valori, per il comandante della legione Marche, significa “fiducia nelle forze dell’ordine”. Non spaventa l’usura, né preoccupano troppo gli incendi dolosi, che divampano a volte ma, rimarca, “sono esigui e mai collegati a fenomeni estorsivi, più a rapporti interpersonali”.



Suona l’emergenza del consumo e dello spaccio di droga, qui come altrove. “E’ connesso alle dinamiche della società”, per Mochi. Il territorio è sotto controllo, e si vede. I carabinieri sono percepiti come angeli custodi in bandoliera. “Il core business sono le stazioni, su quelle non ripieghiamo neanche di un passo e la nostra cifra distintiva”, afferma orgoglioso il generale Mochi. “Permettono un’attività informativa capillare e la conoscenza del territorio. Così abbiamo un rapporto privilegiato con i cittadini”. Il generale lo ha vissuto. “I cittadini mi incontrano e vogliono stringermi la mano quando vado a visitare una stazione, perché la sentono loro. Più il centro è piccolo e più si avverte”.



E qui non c’è spending review che tenga. “Abbiamo fatto una cura dimagrante, abbiamo puntato sulla sburocratizzazione, i comandi sono collegati in rete con la sede centrale”. Risorse liberate dagli uffici, per puntellare il territorio. Sono più di duemila i carabinieri nelle Marche. Chiude Mochi. “Duecento anni fa la struttura dell’Arma era basata sulle stazioni. Due secoli dopo la storia è la stessa”.





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