In aula veti e frecciate
Rimpasto in vista

In aula veti e frecciate Rimpasto in vista
di LOLITA FALCONI
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Mercoledì 29 Ottobre 2014, 16:14 - Ultimo aggiornamento: 18:21
ANCONA - E’ stato un Consiglio regionale muscolare. Teso, avvelenato dall’approssimarsi della scadenza elettorale. Il continuo tambureggiare delle dita sul tavolo da parte del presidente Spacca, l’andirivieni dall’aula di Comi e Ricci, le frecciate al vetriolo del presidente Solazzi all’indirizzo di Massi (“Ncd con noi non ha mai parlato, ha sempre chiesto”), il pienone (alla votazione è mancato solo Latini) come solo in occasione della seduta d’insediamento dell’aprile 2010 s’era visto, sono le istantanee che meglio raccontano il delicato momento politico che si è vissuto ieri. Alla fine il Pd ha vinto il braccio di ferro. Ha trovato 23 voti (gliene bastavano 22) per far passare quella modifica statutaria che consentirà al prossimo presidente di scegliersi fino a sei assessori esterni, mortificando in questo modo, i presidenti Gian Mario Spacca e Vittoriano Solazzi, profondamente contrari alla norma. “Sei poltrone in più per sistemare qualche trombato, una scelta scellerata in tempi in cui si risparmia pure sui pennarelli!”, ha tuonato Franca Romagnoli, Fdi. Ma il Consiglio di ieri è stato solo un passaggio. I prossimi saranno 60 giorni delicatissimi perché entro Natale lo Statuto ripassa in aula per la seconda lettura e il Pd, per confermare i numeri strappati ieri per il rotto della cuffia, dovrà nel frattempo pagare una serie di cambiali politiche ai cespugli vecchi e nuovi. A Verdi, Udc, Popolari e pure, anzi soprattutto, a Ncd. E Spacca, che lo sa bene, per mettere al riparo l’esecutivo dalle inevitabili fibrillazioni, ha annunciato ieri in aula la volontà “di sottrarre l’azione di governo ad una fase molto incerta e piena di contraddizioni”. Spacca vuole blindare l’esecutivo e togliersi qualche sassolino. Cosa farà? Un rimpastino. Meglio: forse rinuncerà a qualche assessore. Chi perderà il posto? Indiziato numero uno: l’Udc Viventi, regista col Pd dell’operazione di ieri. Indiziato numero due: Mezzolani. In subordine Luchetti.

Tensione tra Spacca e Pd

Il Consiglio di ieri consegna una serie di dati politici da leggere. Intanto è andata in scena una plateale rottura tra il presidente Spacca e il Pd. E non solo perché quest’ultimo ha cercato e ottenuto la conta nonostante la richiesta di rinvio di Eusebi, quindi di Marche 2020. Il segretario dem Comi ha difeso l’aumento degli esterni da uno a sei, sostenendo che i tagli agli sprechi devono essere “seri”. “Cominciamo allora dai 6 milioni di euro per la comunicazione istituzionale”. Una chiara provocazione rivolta al presidente Spacca che infatti, proprio in quel momento, ha chiesto di intervenire. “Non posso accettare - ha detto il presidente - che alcune considerazioni, false, vengano dai banchi addirittura della maggioranza. Le cifre che ha fornito Comi sono fuori dalla realtà e fuorvianti”. Per Spacca la spesa totale si ferma a 800 mila euro. “A questo punto - la replica a margine di Comi - sarò costretto a rendere pubblici i dettagli”. Lo strappo è plateale al punto che dopo il Consiglio di ieri sembra tramontare definitivamente l’ipotesi di una candidatura di Spacca per il terzo mandato col sostegno Pd e anche di primarie di coalizione con Spacca candidato.

I cespugli si spaccano

L’altro elemento che il consiglio fiume di ieri ha consegnato è il balletto dei cespugli e la spaccatura di Marche 2020. Che sulla carta poteva contare su sei voti (Spacca, Solazzi, Cardogna, Latini, Giorgi e Eusebi), fino a qualche giorno si parlava di un supergruppo a 11 con Udc e Ncd. Ieri è stata una debacle, da questo punto di vista. Non solo perché Udc (eccezion fatta per Malaspina) e Ncd hanno votato col Pd, ma anche perché neppure i sei sono stati solidali e disciplinati. Latini non si è presentato al momento del voto e Cardogna (Verdi) ha addirittura voltato le spalle ai presidenti. Le logiche dei singoli hanno prevalso sul gioco di squadra.

Da Ndc a Ncs

L’altro clamoroso dato politico è la trasformazione, per dirla con il consigliere Brini, “del Nuovo centrodestra in Nuovo centrosinistra”. Francesco Massi e Mirco Carloni hanno fatto da stampella al Pd. I loro due voti sono stati determinanti per superare quota 22. In questo modo Massi ha chiuso la trattativa con Spacca e Marche 2020, preferendo discutere di future alleanze col Pd.

Non senza porre condizioni. Due quelle messe sul tavolo esplicitamente: “Sì alla facoltà del presidente di scegliere la sua squadra ma con garanzie precise che questo sia a costo zero e l'auspicio che si limiti ad un numero più basso di assessori esterni. Entro i prossimi 60 giorni dovrà avvenire il cambiamento della legge elettorale con mitigazione del premio di maggioranza”.

Sessanta giorni decisivi

Quella uscita ieri dal dibattito consiliare è il tracciato del perimetro della futura alleanza elettorale. Con il Pd che coltiva il feeling con l’Udc, con Ncd, Verdi, civiche, socialisti e persino Rifondazione, più isolata Marche 2020. Lo Statuto necessita di due letture a distanza di sessanta giorni. E questi due mesi saranno decisivi per definire le alleanze. Ncd infatti ha fatto da stampella al Pd. Ma ha posto precise condizioni. Così come hanno fatto, con sfumature diverse, gli altri cespugli. I dem dovranno governare una fase complessa, cercare le nuove alleanze senza abbandonare del tutto le vecchie.



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