Al Qaeda, tre gli arresti nelle Marche
Tra gli obiettivi c'era anche il Papa

Al Qaeda, tre gli arresti nelle Marche Tra gli obiettivi c'era anche il Papa
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Venerdì 24 Aprile 2015, 09:49 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 11:03
MACERATA - Ci sono anche le Marche tra le regioni coinvolte nel blitz della polizia contro un'organizzazione di fondamentalisti islamici che si ispirava ad Al Qaeda.



Tre le persone arrestate nelle Marche nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla procura distrettuale di Cagliari su un network terroristico di matrice islamica affiliato ad Al Qaeda con base operativa in Sardegna: due a Civitanova e una a Porto Recanati. I due presi in mattinata a Civitanova, dove erano arrivati da tempo da Cagliari, erano in contatto con Faqir Ghani, il sospetto jihadista pachistano di 26 anni espulso nel gennaio scorso da Civitanova Marche. Sono entrambi indagati per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento e sfruttamento dell'immigrazione clandestina. Ghani era stato espulso per presunte frequentazioni di siti internet della Jihad. Accuse da lui respinte.



Il terzo arresto nel pomeriggio quando gli agenti della Digos della questura di Macerata hanno individuato l'uomo, un quarantaseienne pakistano, Ali ZUbair, all'interno dell'Hotel House. È indagato per terrorismo, con l'aggravante della transanazionalità. L'uomo aveva con sè documenti e un permesso di soggiorno spagnolo, e si era rifugiato, probabilmente da poco tempo, in uno delle centinaia di appartamenti di un grande condominio multietnico, l'Hotel House, spesso al centro della cronaca per episodi di spaccio e altri reati.



Gli agenti della Digos di Macerata si sono appostati davanti allo stabile, e l'hanno bloccato appena si è affacciato al portone. Non era armato. Dopo aver saputo degli arresti di oggi in tutta Italia, sembra stesse per allontanarsi dalle Marche. Le indagini proseguono per individuare eventuali fiancheggiatori.




Sono complessivamente 18 le ordinanze di custodia cautelare scattate nell'ambito del blitz della polizia di Stato di Sassari, coordinata dalla procura distrettuale di Cagliari, nei confronti di una organizzazione che si ispirava ad Al Qaeda sposando un progetto di lotta armata contro l'occidente e propositi di insurrezione contro l'attuale governo in Pakistan.







La strategia degli atti terroristici compiuti dall'organizzazione era quella di intimidire la popolazione locale e di costringere il governo pakistano a rinunciare al contrasto alle milizie talebane e al sostegno delle forze militari americane in Afghanistan.



Gli investigatori del Servizio Centrale Antiterrorismo della polizia di prevenzione con la Digos di Sassari hanno riscontrato che alcuni degli indagati sono responsabili di diversi attentati e sabotaggi in Pakistan, compresa la strage nel mercato di Meena Bazar di Peshawar del 28 ottobre 2009, quando un'esplosione uccise più di 100 persone.



Dalle conversazioni intercettate tra i componenti della cellula di Al Qaida che ha operato in Sardegna è emersa la presenza in Italia di un kamikaze e l' ipotesi che si progettasse un attentato in Vaticano. Lo hanno riferito gli inquirenti nel corso della conferenza stampa in procura a Cagliari.



Dalle conversazioni intercettate tra i componenti della cellula di Al Qaeda che ha operato in Sardegna è emersa la presenza in Italia di un kamikaze e l' ipotesi che si progettasse un attentato in Vaticano. Lo hanno riferito gli inquirenti nel corso della conferenza stampa in procura a Cagliari.Secondo quanto reso noto dal procuratore Mauro Mura, l'ipotesi di progetto di attentato in Vaticano risalirebbe al marzo del 2010, durante la permanenza in Italia del kamikaze pakistano.



"Siamo tutti esposti e abbiamo tutti paura ma il Papa è molto tranquillo in questo, basta vedere come incontra le persone con grande lucidità e serenità". A dirlo il segretario di Stato Vaticano,cardinale Parolin. "Il timore più grande - ha detto Parolin - è quello che possano essere coinvolte persone innocenti in attentati. Non mi sembra però di percepire in Vaticano una preoccupazione esagerata, certo bisogna stare attenti".



"Credo che anche da un punto di vista della sicurezza - ha sottolineato - ci siano delle garanzie, tutte le strutture che si occupano di sicurezza sono particolarmente attente ma non mi pare ci sia assolutamente un allarme.
Siamo esposti come tutti a questa minaccia, come abbiamo visto anche in Francia".




L'organizzazione terroristica smantellata dalla Polizia di Stato aveva a disposizione armi in abbondanza e numerosi fedeli che erano disposti a compiere atti di terrorismo in Pakistan ed Afghanistan, per poi rientrare in Italia.



È quanto emerso dall'attività investigativa della Digos coordinata dal Servizio Centrale Antiterrorismo (Sca) della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, che ha inoltre riscontrato come il ruolo principale era svolto da un dirigente del movimento pietistico Tabligh Eddawa (Società della Propaganda), il quale, forte della sua autorità religiosa di Imam, e formatore coranico, operante tra Brescia e Bergamo, stimolava la raccolta di fondi, presso le comunità pakistano- afghane, radicate nel territorio italiano.



I fondi venivano inviati in Pakistan mediante membri dell'organizzazione che aggiravano i sistemi di controllo sull'esportazione doganale di denaro. In un caso è stato riscontrato il trasferimento di 55.268 euro mediante un volo per Islamabad in partenza da Roma Fiumicino, omettendo di farne dichiarazione di possesso alle autorità doganali.



Più di frequente però era utilizzato il sistema cosiddetto «hawala». Si tratta di un meccanismo di trasferimento valutario e occulto, basato sul legame fiduciario diffuso nelle comunità islamiche europee. Tale sistema consente di trasferire una somma di denaro all'estero consegnandola ad un terminale presente nello Stato estero, detto «hawaladar», che fornisce un codice identificativo segreto. I beneficiari della rimessa, tramite tale codice, possono prelevare la somma presso l'hawaladar della sede di destinazione.



L'attività investigativa della Polizia di Stato ha permesso inoltre di riscontrare come l'organizzazione provvedeva ad alimentare la rete criminale destinando una parte del proprio impegno al fenomeno dell'introduzione illegale sul territorio nazionale di cittadini pakistani o afghani che in alcuni casi venivano anche destinati verso alcuni paesi del nord Europa.



Per eludere la normativa che disciplina l'ingresso o la permanenza sul territorio nazionale di cittadini extracomunitari, gli indagati utilizzavano sistemi semplici e collaudati. In alcuni casi facevano ricorso a contratti di lavoro con imprenditori compiacenti in modo da poter ottenere i visti di ingresso. In altri casi percorrevano la via dell'asilo politico facendo passare gli interessati, attraverso documenti falsi e attestazioni fraudolente, per vittime di persecuzioni etniche o religiose.



L'organizzazione forniva supporto logistico e finanziario ai clandestini, assicurando loro: patrocinio verso i competenti uffici immigrazione, istruzioni sulle dichiarazioni da rendere per ottenere l'asilo politico, apparecchi telefonici e sim, contatti personali.




"Questa indagine non è un campanello di allarme ma il frutto di una attività che va avanti da anni ed è il segno che c'è la massima attenzione. E oggetto di particolare attenzione sono certamente i foreing fighters, che vanno all'estero a combattere e che tornando e potrebbero rappresentare una grossa minaccia e averli nel nostro territorio è certamente molto pericoloso".



Lo ha dichiarato al Gr Rai il direttore del Servizio Antiterrorismo della Polizia di Stato, Lamberto Giannini. Alla domanda su quali siano le armi migliori per combattere queste minacce, Giannini ha risposto: "Innanzitutto con le nuove leggi ci sono sicuramente degli strumenti importanti ma noi abbiniamo le attività e le indagini di carattere giudiziario anche alle attività di natura preventiva con espulsioni mirate di soggetti che non hanno ancora posto in essere delitti nel territorio dello stato però danno preoccupanti segnali di vicinanza a formazioni di ideologie radicali".
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