Pedalò senza tappi, a giudizio
la concessionaria e il bagnino

Pedalò senza tappi, a giudizio la concessionaria e il bagnino
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Giovedì 29 Gennaio 2015, 20:04 - Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 13:22
​FERMO - Rinvio a giudizio per Daniela Borri, la titolare dello stabilimento balneare Paradise Beach di Lido di Fermo e il giovanissimo addetto spiaggia. E' stata questa la decisione del Gup Marcello Caporale. La concessionaria e il bagnino sono ritenuti responsabili per la morte del sedicenne Riccardo Galiè, annegato dopo esser caduto in mare dal pedalò di proprietà della Borri, nella notte del 20 agosto 2013. Indignazione e sconcerto da parte degli avvocati della difesa Demetrio Valentini e Giacomo PiergentilI: "Noi ci siamo fortemente opposti a questa decisione- tuona Valentini- perché, a nostro avviso, non ci sono gli elementi oggettivi per configurare una tale accusa. Abbiamo prodotto le schede tecniche del pedalò, che proverebbero che il natante in questione anche senza i famosi tappi, è inaffondabile, ne è la prova il fatto che è stato trovato in acqua galleggiante. Inoltre tutte le testimonianze degli amici del ragazzo ci hanno confermato che il gruppetto di giovani, ha volutamente prelevato il pedalò, che non si trovava a ridosso del bagnasciuga, ma ben più su, all'interno della proprietà della Borri, tant'è che hanno riferito di averci impiegato 15 minuti per trascinarlo in mare, e sono andati sugli scogli. I quattro avevano bevuto ed erano su di giri. A far ribaltare il natante è stato uno dei ragazzi che in piedi ha iniziato ad farlo oscillare, non è affondato. Gettare addosso a chi ha fatto il proprio lavoro, una tale accusa, ci appare francamente esagerato. In Italia c'è stato un caso analogo. Precisamente a Savona, stessa bravata finita in tragedia. Anche qui erano stati indagati il concessionario della spiaggia e il bagnino di terra, ma il giudice alla fine dell'indagine ha chiesto l'archiviazione. In sede dibattimentale porteremo tutte le prove per far accertare la completa innocenza dei nostri assistiti". I tre ragazzi che insieme al povero Riccardo avevano sottratto il pedalò, sono stati a loro volta indagati per furto. La settimana scorsa, però il Gup ha emesso la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, asserendo che non c'era stato un tentativo volontario nel volersi impossessare del natante, ribadendo dunque la natura ludica del gesto. I tre sono stati assistiti dagli avvocati Stefano Chiodini e Enrico Pompei. Secondo l'accusa, dunque, la colpa di Borri e del bagnino, consiste nell' imperizia, imprudenza e negligenza, per non aver predisposto ed attuato modalità di difesa dei mezzi della proprietà, tra cui il pedalò in oggetto. Nel mirino della procura c'è la mancata segnalazione dell'assenza dei tappi di scarico e la posizione del natante, troppo vicino alla battigia. Questo infatti, avrebbe permesso a Riccardo Galiè e ai suoi giovani amici, secondo gli inquirenti, di impossessarsi facilmente del piccolo natante.
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