Tentato omicidio, la vittima ha paura
e replica alla lettera del giovane vicino

Tentato omicidio, la vittima ha paura e replica alla lettera del giovane vicino
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Venerdì 29 Agosto 2014, 18:00 - Ultimo aggiornamento: 18:23
FERMO - Prima la lettera di scuse dal carcere del giovane di Rapagnano accusato di tentato omicidio. Ora la replica della vittima. Ieri la lettera di scuse dal carcere del giovane di Rapagnano accusato di tentato omicidio nei confronti del vicino di casa dove lo stesso ragazza dava una versione diversa da quella fornita finora dagli inquirenti sul dramma dello scorso 8 agosto: "Non volevo sparare al mio vicino ma ad un rettile che stava sopra il muretto di casa". Oggi a Enrico Morelli risponde Emilio Sobrini,il sessantenne colpito alle gambe dai colpi sparati dalla carabina del ragazzo.

"In merito alla presunta lettera di scuse ricevuta da parte del mio attentatore, Enrico Morelli - ha scritto ieri Emilio Sobrini - da come pubblicato oggi nelle testate giornalistiche fermane, mi permetto di rivolgere a lui, al suo avvocato, alla sua famiglia alcune domande. 1) Perché si fa scrivere che è stata recapitata a destinazione una lettera di scuse quando io non ho ricevuto niente? 2) Perché se ciò non è accaduto si dice questo e lo si fa scrivere su tutti i giornali? 3) Perché si chiede di ottenere una mia risposta a una lettera che non esiste, facendo scrivere ironicamente 'se mai arriverà', come se fossi io il criminale crudele che non perdona, e non invece la parte lesa? 4)Perché tale azione di scuse avviene così pochi giorni prima del Riesame di Ancona fissato il 2 settembre che lo potrebbe liberare dalla detenzione? 5)Perché si dice che i rapporti erano cordiali quando sia il mio attentatore che la signora, madre dell’attentatore, non mi rivolge la parola da 15 anni? 6)Perché si chiede scusa ora e si dice che l’attentatore è pentito del gesto non volontario, a sua discolpa, con l’intenzione di uccidere un serpente a 10 metri di distanza nel mio orto, e non siano corsi tutti a soccorrermi mentre urlavo e mi dissanguavo?Perché non si è corso a quel momento chiedendo scusa di non averlo fatto volutamente? Perché il signore, padre dell’attentatore, si avvicinava alla mia proprietà dicendo a testimoni cosa fosse successo mentre mi dissanguavo, quando sapeva dell’accaduto in quanto presente e vicino a me accanto al mio orto mentre venivo colpito dal figlio?Perché solo dopo l’evidenza dei fatti giorni più tardi la famiglia prova un approccio di scuse?. Ho molti dubbi. Lascio alle indagini stabilire la ricostruzione dei fatti. Rispetto il lavoro di chi ora dovrà stabilire se il mio attentatore dovrà tornare in libertà o meno. Ho molta paura, non è facile sapere di avere accanto a me, a cinque metri di distanza una persona che mi ha colpito e ha attentato alla mia vita, non sapendo ancora la verità e se ci possa essere pericolo che una cosa del genere possa ricapitare, a me e alle persone accanto, ai bambini che frequentano la nostra via. Volontario o involontario che sia, c’è in tutti questa paura. Attendo con fiducia la giustizia e la verità che forse lui solo in fondo sa. Aggiungo solo di provare amarezza e dubbi sull’azione di richiesta di scuse che sa, per come è stata formulata, di posizione strategica per tornaconto personale, piuttosto che di scuse autentiche e sincere".




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