Addio alla pineta demaniale
Al suo posto un bosco

Addio alla pineta demaniale Al suo posto un bosco
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Martedì 26 Agosto 2014, 20:37 - Ultimo aggiornamento: 27 Agosto, 11:26
PORTO SANT'ELPIDIO - Addio pineta, al suo posto un bosco. Luned sera alla Casa del volontariato c' stato l'incontro pubblico sul progetto di riqualificazione. Non la partecipazione della cittadinanza che qualcuno dei relatori si aspettava, ma il pubblico era molto interessato ai pareri degli esperti.

Il funzionario regionale incaricato del Piano forestale Giulio Ciccalè e il progettista Marco Cardinali hanno chiarito sui lavori che partono l'8 settembre. La ditta incaricata avrà 90 giorni di tempo. Le piantumazioni saranno eseguite nella fase finale dell'autunno. La regione finanzia con 80mila euro.

"Ci muoviamo tardi, ma abbiamo buone prospettive" dice il progettista. A ridosso della recinzione metallica saranno piantumati 70 tamerici e 30 lecci; il telo di protezione dai venti sarà ripristinato, nelle aree interne saranno rimossi i ceppi con attenzione perché potrebbero crollare anche pini sani. Saranno impiantati pini domestici e querce leccio, piante regine della foresta mediterranea. Nelle radure verranno impiantati 250 alberi. Si parte col potare il secco e l'abbattere i pini pericolosi. Sono 130 quelli contrassegnati con la X, da monitorare; 50 di questi saranno abbattuti, poi saranno introdotte piante autoctone. La boscaglia di pini d'Aleppo lascia il posto al bosco. Se tutto andrà bene, tra 40 anni si coglieranno i frutti degli interventi odierni. Il sindaco Nazareno Franchellucci rimarca l'impegno a "sorvegliare l'area per evitare atti vandalici". Il referente regionale evidenzia come i pini del '66 siano nella fase terminale della loro vita. "Non avremo più la pineta che conosciamo oggi, il danno dovuto all'incuria e alle intemperie è irreversibile" ammette Ciccalè. Massima attenzione durante i lavori, "quando andremo a rimuovere i ceppi, potrebbero crollare anche gli alberi sani, perché sono collegati tra loro. Il terreno non ha permesso la buona formazione delle radici e l'ancoraggio" dice il funzionario che ha valutato tre diverse modalità diverse di intervento.

La prima è quella adottata dal Mose per difendere Venezia dall'acqua alta; preoccuparsi solo del pericolo imminente, portando via il minimo indispensabile. Il secondo, sperimentato nelle Alpi, sta nel chiudere e ripiantare solo nelle aree critiche. Il terzo, che sarà applicato, consiste nella biodiversità, protezione dai venti, maggiore capacità di resistenza alle perturbazioni. Saranno introdotte latifoglie autoctone e specie di pino resistente e longevo. I costi sono alti ma sostenibili.

Gli interventi progressivi e periodici. La fruibilità è assicurata. Nessuna transenna. "Il bosco sarà più attrattivo già nel breve periodo perché con la varietà di piante aumenta la fauna" sostiene il progettista che ricorda la nevicata del 2012 e parla di pineta degradata e necessità impellente di riqualificare l'area. In seguito del bosco "non ce ne possiamo dimenticare come accadde nel '66, servono interventi periodici" conclude Cardinali. Un gran lavoro si prospetta per l'ufficio Ambiente.


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