Marche economia, il tribunale annulla
la vendita della Ardo a Porcarelli

Marche economia, il tribunale annulla la vendita della Ardo a Porcarelli
di Cristina Morbiducci
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Sabato 21 Settembre 2013, 10:54 - Ultimo aggiornamento: 23 Settembre, 20:19
FABRIANO - L’Antonio Merloni era un’azienda in esercizio quando, il 27 dicembre 2011, dopo tre anni di amministrazione straordinaria, scioperi, occupazioni e operai a protestare sulle torri, stata “svenduta” dai tre commissari nominati dal ministero dello Sviluppo economico ad “un quinto del valore”, 12 milioni di euro invece di 54, con un danno per i creditori, fra cui sette banche, i cui interessi avrebbero dovuto essere tutelati “accanto a quelli di salvaguardia dell’unità produttiva e dei livelli occupazionali”.



L'ordinanza del tribunale di Ancona

L’ordinanza con cui la seconda Sezione civile del Tribunale di Ancona ha annullato la cessione del complesso elettrodomestico alla J.P. (Qs Group spa) di Giovanni Porcarelli è una mazzata per i 700 lavoratori riassunti nella newco, e per un territorio, a cavallo fra Fabriano e Nocera Umbra, già piegato dalla crisi della meccanica. Ma suona anche come una pesante censura per l’operato dei commissari del Mise, che secondo i giudici avrebbero travalicato “i limiti del potere discrezionale della P.A.”, concedendo a Porcarelli uno 'scontò di quattro anni sul calcolo della redditività negativa dell’azienda (il badwill), indicato invece per legge in due anni (d.lgs n. 270/1999), nei quali chi compra deve garantire i livelli occupazionali.



L'operazione "benedetta" dal ministero

Per acquisire i tre stabilimenti Merloni di Fabriano e Gaifana, i marchi Ardo e Seppelfricke e alcune partecipazioni azionarie, J.P. aveva ottenuto l’ok ministeriale ad un piano industriale di quattro anni, che tuttavia - così afferma l'ordinanza - avrebbe dovuto sostenere “a suo rischio e onere”, e “non a scapito dei creditori”, i quali hanno visto “azzerata la garanzia patrimoniale del debitore”.

All’epoca l'Antonio Merloni, un ex colosso da 5 mila addetti e 5 mila lavatrici al giorno appesantito da quasi 700 milione di debiti, non la voleva nessuno, e i bandi di interesse internazionale lanciati dai commissari erano andati deserti, svaniti nel nulla ipotetici acquirenti cinesi e iraniani.



I giudici: bisognava vendere, non svendere

Ma per il collegio giudicante, presieduto da Edi Ragaglia, “l'Amministrazione straordinaria non impone ai commissari di vendere comunque e sempre ad un qualsiasi prezzo i beni che compongono l’attivo”.



Banche soddisfatte, vantano 170 milioni dalla Ardo

“Un dispositivo che farà scuola, viste le numerose aziende in crisi” commenta l’avv. Giampiero Paoli, legale delle banche. Mps Gestione Crediti Banca, Unicredit Credit Management Bank, Banca Marche, Banca Popolare di Ancona, Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, Banca CR di Firenze e Banca dell’Adriatico vantano tutte insieme circa 170 mln di crediti con la ex A. Merloni.



Sindacati spiazzati: pagano sempre i lavoratori

Sul fronte opposto, lo scoramento dei sindacati, che vedono vanificati anni di sforzi per restituire “un po' di lavoro” al distretto del bianco, oggi alle prese anche con i 1.425 esuberi Indesit, 480 dei quali a Fabriano. “Come sempre - osservano Fiom, Fim e Uilm di Marche e Umbria - rischia di pagare la povera gente e rivincono i più forti, in questo caso le banche”.



Lunedì assemblee. J.P. potrebbe revocare le assunzioni

Lunedì sono convocate assemblee a Fabriano e Gaifana e si spera nel probabile ricorso in appello dei commissari Massimo Confortini, Silvano Montaldo e Antonio Rizzi, ai quali l’ordinanza restituisce l’azienda. Ma il timore è che J. P. metta in libertà i dipendenti. Su 700, in fabbrica ne sono tornati solo 150, gli altri sono in Cigs per ristrutturazione. Peggio di loro stanno i 1.500 esodati del gruppo A. Merloni: la cassa integrazione scade a novembre e la prospettiva è la messa in mobilità.

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