Wikileaks: feste selvagge di Berlusconi,
il premier italiano portavoce di Putin

Berlusconi e Putin nel 2004
Berlusconi e Putin nel 2004
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Domenica 28 Novembre 2010, 10:47 - Ultimo aggiornamento: 26 Dicembre, 18:21
ROMA (28 novembre) - Mentre il sito di Wikileaks stato sottoposto ad attacco informatico, El Pais, Le Monde, Der Spiegel, Guardian e New York Times hanno iniziato la pubblicazione dei documenti segreti o riservati la cui divulgazione era stata annunciata da Julian Assange, creando attesa per le comunicazioni tra il Dipartimento di Stato Usa e più Paesi con il rischio di creare un “imbarazzo diplomatico” planetario e molti danni alle relazioni tra Washington e il resto del mondo.



Assange: documenti su tutti i Paesi del mondo.
«I documenti che stiamo per pubblicare - ha detto Julian Assange, il fondatore di Wikileaks - riguardano essenzialmente tutte le maggiori questioni in ogni Paese del mondo».



Le feste selvagge di Berlusconi. L'edizione online di El Pais ha iniziato la pubblicazione con in copertina le fotografie di sette leader mondiali, fra i quali Silvio Berlusconi, con una citazione estratta da una nota americana: «Le feste selvagge di Berlusconi». Il quotidiano spagnolo sotto il titolo “I segreti della diplomazia americana allo scoperto”, parla di «rapporti corrosivi su Putin, Ahmadineyad, Sarkozy, Merkel o Berlusconi». Del primo ministro italiano si descrivono le feste selvagge e viene evidenziata la «sfiducia profonda che suscita a Washington». A proposito di Putin il giornale afferma che i documenti «pongono in evidenza il sospetto americano che la politica russa sia nelle mani di Valdimir Putin, giudicato un politico di stampo autoritario, il cui stile macista gli consente di collegarsi perfettamente con Silvio Berlusconi». Secondo El Pais «la diplomazia americana non mostra una grande stima neanche per il presidente francese Nicolas Sarkozy».



Berlusconi portavoce di Putin in Europa. Una relazione straordinariamente stretta fra Vladimir Putin e il primo ministro italiano Silvio Berlusconi, che include «regali generosi», contratti energetici redditizi: Berlusconi «sembra essere il portavoce di Putin» in Europa. Così - secondo il New York Times - i diplomatici americani hanno descritto nel 2009 le relazioni fra Italia e Russia. Ci sarebbe anche un mediatore «ombra» italiano che parla russo nelle relazioni fra Berlusconi e Putin, affermano ancora i diplomatici americani. Il quotidiano indica in un lungo articolo quali sono i contenuti dei 250.000 documenti diplomatici americani di Wikileaks. Il Times ritiene che «questi documenti servano il pubblico interesse , illuminando obiettivi, successi, compromessi e frustrazioni della diplomazia americana».



Gli Usa erano preoccupati per l'intesa tra Eni e Gazprom su Southstream, il mega-gasdotto che collegherà Russia e Ue, e la «assai cordiale relazione tra Vladimir Putin e Silvio Berlusconi», scrive il britannico Sunday Telegraph, affermando che il malessere di Washington, confermando le voci circolate nelle ultime ore.



Hillary Clinton e gli investimenti di Berlusconi. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha chiesto all'inizio di quest'anno alle ambasciate americane a Roma e Mosca informazioni su eventuali «investimenti personali» dei premier Silvio Berlusconi e Vladimir Putin che possano condizionare le politiche estere o economiche dei rispettivi paesi. Lo si legge in un documento pubblicato da Der Spiegel.



Berlusconi vanitoso, incapace e stanco per le lunghe nottate. «Incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno»: è il giudizio dell'incaricata d'affari americana a Roma Elizabeth Dibble su Berlusconi in un documento inviato a Washington e reso noto da Wikileaks. Il presidente del Consiglio italiano è un leader «fisicamente e politicamente debole» le cui «frequenti lunghe nottate e l'inclinazione ai party significano che non si riposa a sufficienza», continua Elizabeth Dibble. Il telegramma della Dribble è citato dal Guardian.



I tentativi Usa contro l'uranio pakistano. Fin dal 2007 gli Usa hanno avviato azioni segrete, finora senza successo, per rimuovere da un reattore nucleare del Pakistan uranio altamente arricchito che «funzionari americani temevano potesse essere utilizzato per un ordigno non lecito», rivelano i documenti pubblicati dal New York Times.



El Pais cita le note sul leader libico Muammar Gheddafi. Nei suoi messaggi l'ambasciatore americano a Tripoli «racconta che Gheddafi usa il botox ed è un vero ipocondriaco, che fa filmare tutti i suoi controlli medici per analizzarli dopo con i suoi dottori». Il giornale parla anche dei «sospetti che la presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner solleva a Washington, fino al punto che la segretaria di stato giunge a chiedere informazioni sul suo stato di salute mentale». Secondo il quotidiano «le espressioni usate in alcuni documenti sono di natura tale da poter dinamitare le relazioni fra gli Usa ed alcuni dei suoi principali alleati» e «possono porre a rischio alcuni progetti importanti della sua politica estera, come l'avvicinamento alla Russia o l'appoggio di alcuni paesi arabi. La portata di queste rivelazioni è tale, che si potrà parlare di un prima e di un dopo, per quanto riguarda le usanze diplomatiche. Queste indiscrezioni possono porre fine ad una era della politica esterna».



Di rado il leader libico si muove senza la sua «infermiera ucraina», una «voluttuosa bionda». Così i diplomatici americani - secondo il New York Times - descrivono Muammar Gheddafi che sarebbe stato infastidito da come è stato ricevuto a New York per l'assemblea generale dell'Onu lo scorso anno.



Gli alleati arabi degli Usa, in particolare l'Arabia Saudita, spingevano per un attacco contro l'Iran per bloccarne il programma nucleare, rivela il Guardian. Il re saudita Abdullah «ha ripetutamente esortato gli Usa ad attaccare l'Iran per mettere fine al suo programma di armamento nucleare». L'ambasciatore saudita a Washington, Adel al-Jubeir in un incontro nell'aprile 2008 con il generale Usa David Petraeus «disse di tagliare la testa al serpente». I cablogrammi diplomatici esaminati dal Guardian svelano inoltre, fra le altre cose, che «dirigenti in Giordania e nel Bahrein hanno chiesto ripetutamente che il programma nucleare iraniano fosse formato con qualsiasi mezzo, compreso quello militare»; che «i leader in Arabia Saudita, negli Emirati arabi uniti (Eau) ed Egitto hanno fatto riferimento all'Iran come ad una minaccia esistenziale e malvagia e ad una potenza che ci porterà alla guerra». Lo scorso febbraio, inoltre - scrive ancora il sito del Guardian -, il segretario alla difesa Usa, Robert Gates, ha avvertito che se gli sforzi diplomatici nei confronti dell'Iran fossero falliti «rischiamo la proliferazione nucleare nel Medio Oriente, una guerra innescata da un blitz israeliano o entrambe le cose». Il capo dell'intelligence militare israeliana, gen. Amos Yadlin, l'anno scorso ha ammonito che «Israele non può permettersi di sottovalutare l'Iran e di essere colto di sorpresa, come lo furono gli Stati Uniti l'11 settembre 2001». E nel maggio dello scorso anno il premier israeliano, Benyamin Netanyahu disse a dirigenti americani di essere d'accordo con il presidente egiziano, Hosni Mubarak, che un Iran nucleare avrebbe indotto altri Paesi della regione a sviluppare armi atomiche, fatto che produrrebbe «la più colossale minaccia agli sforzi di non proliferazione dai tempi della crisi dei missili cubani».



L'Iran ha ottenuto sofisticati missili dalla Corea del Nord in grado di colpire l'Europa occidentale, scrive il New York Times. Teheran avrebbe ottenuto 19 missili, secondo un documento datato 24 febbraio 2010: i missili - avvertono i diplomatici americani - potrebbero dare per la prima volta all'Iran la capacità di colpire una capitale europea o Mosca e la loro avanzata propulsione può accelerare lo sviluppo iraniano di missili balistici intercontinentali. Su richiesta dell'amministrazioen Obama il New York Times ha deciso di non pubblicare il testo completo del documento.



Il Dipartimento di Stato Usa nel luglio 2009 ordinò di spiare i vertici delle Nazioni Unite, compresi il segretario generale, Ban Ki-moon, e i rappresentanti in Consiglio di sicurezza di Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna. La direttiva «classificata», scrive il Guardian, fu spedita a 30 ambasciate a nome della segretaria di stato, Hillary Clinton, e chiedeva la raccolta di dati personali su questi e numerosi altri dirigenti e anche sottosegretari, consiglieri e collaboratori, comprese le password usate, le chiavi in codice usate per comunicare e anche i dati biometrici. «Informazioni - scrive il Guardian - che sembrano sfumare il confine fra diplomazia e spionaggio».



Wikileaks: siamo sotto attacco. Nel pomeriggio i responsabili del sito hanno annunciato via Twitter di essere sotto attacco informatico. «Stiamo subendo un DDoS (distributed denial of service)», si legge nel messaggio. Il sito da circa un'ora era effettivamente irraggiungibile. Prima della denuncia dei responsabili negli ambienti internet circolavano varie ipotesi, dal sovraccarico causato dal numero eccessivo di visitatori che digitano l'indirizzo fino a un attacco hacker. Prima di una pubblicazione importante l'indirizzo web usualmente va offline per consentire il caricamento dei nuovi contenuti. Il Guardian aveva annunciato che avrebbe pubblicato i documenti in proprio possesso, qualunque fosse lo stato del sito di Wikileaks. «El Pais, Le Monde, Spiegel, Guardian e New York Times pubblicheranno questa sera la documentazione di fonte Usa anche se il sito di Wikileaks sarà irraggiungibile», avevano confermato i responsabili del sito via Twitter.



Da giorni il Dipartimento di Stato Usa sta avvertendo del pericolo le cancellerie di mezzo mondo,
Italia inclusa, per anticipare la notizia della diffusione dei documenti e smorzare eventuali reazioni. Sono trapelati i primi dettagli concreti con la pubblicazione di un articolo del settimanale tedesco Der Spiegel, poi scomparso dalla rete, in cui in primo luogo si diceva che domenica, alle 22.30 italiane, sarebbe stato pubblicato il materiale.



Il giallo Der Spiegel. Il settimanale è uno dei giornali che ha le anticipazioni sui file di Wikileaks. Un giornalista free lance, Symor Jenkins, afferma di aver acquistato a Basilea in Svizzera una copia della rivista tedesca che dovrebbe uscire in Germania solo domani. Al momento non è ancora stato possibile appurare se si tratti di un falso, di un errore di distribuzione o di un'anticipazione voluta dallo Spiegel. Nella copertina del periodico compare la grossa scritta, Enthullt (Rivelato), e il sottotitolo: «Come l'America vede il mondo, il rapporto segreto del Dipartimento di Stato americano» e 12 foto di personaggi illustri: tra questi, il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, con la didascalia “questo è Hitler”, il colonnello Muammar Gheddafi (“procaci biondine come infermiere”), il presidente afghano Karzai (“spinto dalla paranoia”), il presidente francese Sarkozy (“imperatore senza vestiti”) e ultimo in fondo a destra, Silvio Berlusconi. “Feste selvagge”, recita la didascalia sotto il presidente del Consiglio.



Gli Stati Uniti hanno escluso qualsiasi trattativa con Wikileaks sulla diffusione di documenti confidenziali del Dipartimento di Stato, affermando che il sito ne è in possesso in violazione della legge americana. «Noi non entreremo in un negoziato sulla diffusione o divulgazione di documenti riservati americani ottenuti illegalmente», ha scritto il consigliere giuridico del Dipartimento di stato, Harold Koh, in una lettera al fondatore del sito, Julian Assange e al suo avvocato, e resa nota ai media. «Come voi sapete - afferma Koh - se uno qualunque di questi documenti che volete pubblicare è stato fornito da funzionari governativi, o da un qualche intermediario senza la necessaria autorizzazione, sarà stato in violazione della legge americana e senza prendere in considerazione le gravi conseguenze di questo gesto. La violazione della legge dura per tutto il tempo che Wikileaks sarà in possesso del materiale».



Le rivelazioni di Wikileaks saranno «l'11 settembre della diplomazia mondiale» perché «faranno saltare tutti i rapporti di fiducia tra gli Stati», dice il ministro degli Esteri Franco Frattini. A bordo dell'aereo che lo ha portato in Qatar, Frattini ha spiegato che «come l'11 settembre ha cambiato l'assetto mondiale sul piano della sicurezza, così le notizie che usciranno da Wikileaks lo cambieranno sul piano dei rapporti diplomatici tra i Paesi». Ma come all'indomani dell'11 settembre si creò una coalizione internazionale contro il terrorismo, anche in questo caso - dice Frattini - ci si dovrà mettere subito al lavoro per ripristinare il clima di fiducia tra le diplomazie mondiali. Per il capo della diplomazia italiana le ripercussioni negative delle rivelazioni non dipenderanno tanto dal contenuto dei file resi pubblici da Julian Assange, quanto da quello che succederà d'ora in avanti sul piano della fiducia. A rischio ci sono processi di pace e trattative tra Stati: se un ambasciatore italiano sa che il governo di un Paese con cui l'Italia sta trattando fa il doppio gioco, ha spiegato il ministro, «lui ha l'obbligo di dirmelo, ma non significa che il suo commento debba finire sui giornali» mettendo a repentaglio l'intera operazione. «La diplomazia o è confidenziale, o non è diplomazia. E a questo punto nessuno si fiderà più dell'altro».



In Italia evitiamo il gioco al massacro. Frattini lancia poi un appello: «Credo che inevitabilmente la stampa italiana andrà a cercare sul sito di Wikileaks la notizia rivelante sul piano interno. Evitiamo il gioco al massacro. Credo che il Pd lo accoglierà - ha aggiunge il ministro ricordando che i documenti si riferiscono agli anni del governo Prodi - «Non conosco i contenuti dei documenti, ma credo che per l'Italia non ci sia niente di preoccupante. Io non commenterò, nè il presidente del Consiglio lo farà, notizie che non saranno confermate (gli Stati Uniti non lo faranno), nè certificate dalle fonti, e che se fossero vere, sarebbero corpo di reato, per il quale Assange è perseguito in oltre 10 paesi».



La maggioranza, con Fabrizio Cicchitto, parla di terrorismo mediatico. Il capogruppo del Pdl alla Camera rileva che se risultasse vera la fuga di «documenti riservati di qualità significativa e di quantità molto rilevante, ciò metterebbe in evidenza incredibili elementi di crisi nel sistema Usa, inquietanti, visto che si tratta della potenza leader dell'Occidente che svolge un ruolo mondiale decisivo sia dal punto vista economico finanziario sia da quello della lotta al terrorismo. In ogni caso è ormai evidente che la stessa nozione di terrorismo viene ad avere una accezione più vasta di quella tradizionale: esiste un terrorismo mediatico che per certi aspetti può essere molto piu efficace di quello tradizionale». Il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli non crede al complotto, ad un «grande vecchio» che regga le sorti mondiali e afferma che il problema è che «in questi momenti» coloro che «davvero tengono al bene del Paese devono smettere di avvelenare i pozzi e astenersi dai giochini di bottega», facendo sì che «la politica riprenda il suo ruolo di guida e la sua responsabilità nei confronti del popolo». Ignazio La Russa, osserva che «più che di complotto» si dovrebbe parlare di «somma di atteggiamenti» finalizzati a indebolire l'esecutivo. Il titolare del Welfare Maurizio Sacconi dice che «quei documenti vanno considerati con tutta la relatività del caso e riflettendo sul fatto che occorre una maggiore tutela della riservatezza di atti istituzionali». L'opposizione reagisce con atteggiamenti molto differenziati. Prudente il Pd, che con Ettore Rosato aderisce all'invito di Frattini: «Da parte dei Democratici non c'è mai stata nè ci sarà alcuna strumentalizzazione dei fatti, tanto più se questi possono nuocere al nostro Paese». Molto duro, invece l'Idv: «L'idea che possa esistere un complotto contro l'Italia o che si arrivi a parlare di terrorismo mediatico è semplicemente ridicola»,afferma il portavoce Leoluca Orlando. L' Idv chiede al premier di dire « di cosa ha paura e quali scomode e scottanti verità teme che possano emergere dalla pubblicazione dei documenti». Pessimista Francesco Rutelli. «Già sappiamo che l'Italia in questi anni - dice il leader Api - ha smesso di essere un punto di solidità ed è diventata un problema. Già sappiamo che alcune scelte del premier ci hanno isolato».
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