Spese pazze al Ministero della Difesa
17 euro per un rotolone di panno carta

Spese pazze al Ministero della Difesa 17 euro per un rotolone di panno carta
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Lunedì 5 Gennaio 2015, 11:52 - Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 12:51
ROMA - La copia della Gazzetta Ufficiale che pubblica il risultato dell’appalto porta la data del 2 gennaio 2015.

Una paginetta semplice semplice che segnala il buon fine dell’acquisto di 2.000 rotoli di panno carta (lo scottex, insomma) da parte del ministero della Difesa ed in particolare del Polo delle Armi Leggere di Terni. Nulla di eccezionale. Se non nel prezzo: 34.300 euro Iva esclusa.



In Gazzetta non c’è scritto, ma quella cifra equivale a 17 euro per ogni rotolo di panno carta. 17 euro. Possibile? Possibile in Italia anche i rotoloni diventino d’oro? Forse si tratta di un prodotto particolare, destinato alla manutenzionare di armi. E d’altronde curiosando su Internet si evince che la Difesa aveva stanziato 40.983 euro per i 2.000 rotoloni, che i controlli sono stati effettuati dalla Corte dei Conti e che l’unica ditta che ha partecipato alla gara ha offerto uno sconto di oltre 6.000 euro.



TRENTAMILA CENTRI DI SPESA

Tutto in regola, dunque. Sia chiaro: nulla da eccepire. Se non nel metodo. Di questo, come di decine di migliaia di acquisti di questo genere da parte delle pubbliche amministrazioni. Possibile che il ”panno carta” acquistato in così consistente quantità dalla Difesa debba vedere una sola offerta? Ed è possibile che debba costare 17 euro a rotolo? Nei supermercati, come sa ogni massaia, lo scottex viaggia a cifre irrisorie, spesso di molto inferiori a 2 euro. Ma basta gironzolare su Internet per trovare offerte di ”panno carta” professionale (come ad esempio quella della Kymberly Clark) a 10,51 euro (più Iva) a rotolo per richieste superiori agli otto rotoli.



Vabbeh, ma allora quanti casi ”rotolone d’oro” si contano nello Stato? «Centomila, perché centomila sono gli impiegati pubblici che, senza preparazione professionale nella maggioranza dei casi, possono effettuare acquisti per conto dei 32 mila centri di spesa delle amministrazioni pubbliche italiane», è la secca risposta di Domenico Casalino, l’economista che da quattro anni guida la Consip, la centrale d’acquisto del Tesoro inventata alla fine degli anni Novanta dall’allora ministro Carlo Azeglio Ciampi per risparmiare sull’enorme massa di denaro (140 miliardi nel 2014) che le amministrazioni pubbliche italiane usano per il loro shopping.



Resistenze di ogni genere (comprese quelle delle imprese italiane poco avvezze alla concorrenza) hanno fatto fare poca strada alla Consip. Che però proprio negli ultimi anni è riuscita a ”presidiare”, come dice Casalino, un’area di 40 miliardi d’appalti passando dai 3,5 miliardi gestiti direttamente nel 2010 ai 19 miliardi del 2014.



I risparmi per le publiche aministrazioni che si affidano ai prezzi concordati da Consip viaggiano nell’ordine del 20%. Dunque nel 2014 sono stati risparmiati 8 miliardi (lo 0,5% del Pil). Si va dai telefoni dove le tariffe applicate dai gestori allo Stato sono scese fino al 70% rispetto a quelle per le famiglie, alla benzina (-4%, le tasse non sono scontabili), all’energia (tariffe più basse per un miliardo), agli infiniti acquisti nella Sanità dove ad esempio i 320 milioni spesi annualmente per i glucometri che misurano gli zuccheri nel sangue sono magicamente diventati 220 milioni.



E troppo populista calcolare che se tutto l’ambaradan Ministeri-Regioni-Province-Comuni-Consorzi-Enti uscisse dal metodo ”rotolone d’oro” per scegliere quello Consip gli italiani potrebbero pagare 25/30 miliardi di tasse in meno? Nei corridoi della Consip, in realtà, girano cifre persino superiori. Non solo per i potenziali ma evidenti risparmi che sarebbero determinati dal progetto renziano - finora rimasto sulla carta - di portare i centri di spesa italiani da 32 mila a poche decine ma soprattutto per il cambiamento di mentalità che un passaggio così epocale determinerebbe nella pubblica amministrazione. «Le centrali d’acquisto non solo riducono la corruzione ma ammodernano e aiutano a sfruttare economicamente le immense ricchezze pubbliche», è la tesi di Casalino.



La prova del nove arriverà dall’imminente gara per la gestione dei principali musei iitaliani. Una gara internazionale. Che ha l’obiettivo di migliorare la gestione del nostro patrimonio artistico che oggi procura incassi per appena 380 milioni (su costi per 350 milioni) mentre l’Inghilterra è a quota 4,3 miliardi di sterline. Già, ma quanto spende l’esercito inglese per i suoi rotoloni?



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