Direzione Pd, Renzi
"Riforme senza tabù"

Renzi (Ansa)
Renzi (Ansa)
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Lunedì 29 Settembre 2014, 18:35 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 12:57
ROMA -Il premier Renzi parla alla direzione del Pd, proponendo una riorganizzazione del mercato del lavoro e del sistema di welfare. «Vi propongo di votare con chiarezza al termine» della direzione «un documento che segni il cammino del Pd sui temi del lavoro e ci consenta di superare alcuni tabù che ci hanno caratterizzato in questi anni».



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LE DICHIARAZIONI DEL PREMIER



«L'attuale sistema del reintegro va superato, certo lasciandolo per discriminatorio e disciplinare».



«Il rispetto del diritto costituzionale non è nell'avere o no l'art. 18, ma nell'avere lavoro. Se fosse l'art.18 il riferimento costituzionale allora perché per 44 anni c'è stata differenza tra aziende con 15 dipendenti o di più?».



«Non siamo un club di filosofi, ma un partito politico che decide, certo discute e si divide ma all'esterno è tutto insieme. Questa è per me la ditta».



«Chi non la pensa come la segreteria non è un Flintstones e chi la pensa come la segreteria non è Margareth Thatcher. Sono due posizioni che meritano rispetto, che si confrontano con un voto e nel lavoro parlamentare».



«Serve un paese che vuole investire e dare risposte ai nuovi deboli che sono tanti e hanno bisogno di risposte diverse da quelle date finora. La rete di protezione si è rotta, non va eliminata ma ricucita, sapendo che c'è uno Stato amico che li aiuta».



«Il Pd è riferimento di una sfida per cambiare l'Italia e l'Europa. Gli elettori con il 40,8% alle europee si sono affidati a noi con questo obiettivo. Ma non è tanto una percentuale o il numero assoluto dei voti a contare: è il fatto che gli italiani hanno detto al Pd 'la devi cambiare tu l'Italià». Così Matteo Renzi, sottolineando che il risultato del Pd, primo in Europa, «ha fermato l'avanzata in Italia dell'antipolitica». E aggiungendo: «Non possiamo fare l'analisi del voto la settimana dopo e dimenticarla dopo 5 mesi».



Matteo Renzi dice che non lo preoccupano le «trame altrui» e alla Direzione Pd spiega: «Non li chiamiamo poteri forti: se lo fossero non saremmo qui adesso, non chiamiamoli poteri immobili visto che peccano di dinamismo. Forse potremmo chiamarli, con un eccesso di stima, poteri aristocratici».





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