Pd, Renzi in campo: sono pronto alla sfida con Barca

Matteo Renzi
Matteo Renzi
di Ettore Colombo
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Lunedì 22 Aprile 2013, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 22:51
ROMA Nel Pd dilaniato di queste ore, mentre si ragiona di direttori post-bersaniani e di congresso prossimo venturo, comincia a fare capolino pure l’idea che si potrebbero scindere, modificando lo Statuto, le cariche di segretario democrat e di candidato premier del centrosinistra. Una modifica che potrebbe aiutare non poco Matteo Renzi. «Io voglio fare il candidato premier», conferma ai suoi il sindaco, per nulla scoraggiato dalle elezioni che paiono allontanarsi dopo l’accordo sulla rielezione di Napolitano. A Renzi interessa correre da premier, di fare il segretario gli importa poco. Di certo – spiega ai suoi – non ha paura di nessuno, tantomeno del ministro Barca, ma anche ove Barca capeggiasse una scissione, «almeno sarà stata fatta chiarezza». Vorrà dire che sarà tutto il Pd di Renzi ad aver campo e mani libere per cercare i voti dei moderati e vincere, realizzando quell’«allargamento» del perimetro democrat che dell’ex rottamatore è sempre stato l’obiettivo principale. «Pensare», è stato il ragionamento-sfogo condiviso con i fedelissimi, «che accusavano me di ordire chissà quale scissione, e invece...». A Renzi non fanno paura neppure i giovani turchi, anzi: con Orfini capita di sentirsi spesso, il feeling buono accomunati dal fattore generazionale, ma i giudizi politici, a partire da quelli sul governo, sono radicalmente diversi.



GIOVANI TURCHI


Infatti, mentre i giovani turchi daranno battaglia, dentro il Pd, per non sposare in modo acritico il governissimo e alcuni paventano persino divisioni sul voto di fiducia se il Pd volesse appoggiarne uno politico e mettervi dentro un premier o dei ministri, per Renzi il faro, lo ha ribadito anche nelle ultime ore, è Napolitano; Enrico Letta «un caro amico». Ma attenzione - manda messaggi il sindaco - a palazzo Chigi vanno bene Letta, Amato o anche un tecnico, ma a una precisa condizione: sia un esecutivo a termine. E si racconta che uno dei suoi fedelissimi, Graziano Delrio, potrebbe addirittura entrarvi con un dicastero di peso. Insomma, Renzi oggi si sente un vincitore e dorme tra sette guanciali mentre i suoi sono decisamente più interessati alle dinamiche presenti dentro i gruppi parlamentari che a quelle di partito. Né a Renzi né ai renziani, del resto, questo Pd scalda i cuori. Nel tutti-contro-tutti di queste ore, sono almeno tre e tutte senza risposte (ufficiali), le domande.

Chi salirà al Colle, per le consultazioni? I due capigruppo di Camera e Senato, Luigi Zanda e Roberto Speranza, è sicuro, più il vicesegretario, Enrico Letta. E’ dimissionario, come l’intera segreteria, ma la sua fonte di legittimazione viene dall’Assemblea nazionale. Quando si terrà la Direzione e cosa ne verrà fuori? Domani, molto probabilmente, cioè poco prima del turno di consultazioni del Pd. Lì verrà definito il mandato con cui andare al Colle, ma non è scontato che si traduca in un tutto quello che va bene a Napolitano.



Sul lato partito (per Renzi «il Pd è da ricostruire»), altamente probabile un direttorio che affianchi Letta formato da big vecchi e nuovi: D’Alema, Veltroni, Marini, Fioroni, Franceschini, Bindi, più un renziano di peso (Gentiloni) e un Giovane turco (Orlando?). Nelle mani del Direttorio verrà dunque affidata la tenuta del partito in questa difficile fase, tra governissimo e avvio delle procedure per il nuovo congresso. In mezzo, a ratificare il tutto, anche un’Assemblea nazionale che potrebbe essere convocata presto, entro dieci giorni. Per fare un congresso straordinario (quello ordinario è previsto per ottobre) servono però almeno due mesi: ecco, dunque, che l’ipotesi di tenerlo prima dell’estate è difficile.
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