Omicidio Reggiani, l'ultimo giallo
Assassinato il testimone chiave

Romulus Mailat condannato all'ergastolo per l'omicidio Reggiani
Romulus Mailat condannato all'ergastolo per l'omicidio Reggiani
di Massimo Martinelli
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Febbraio 2012, 11:44 - Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 13:26
ROMA - L'ultimo mistero sul delitto di Giovanna Reggiani in un foglio di carta, che contiene poche righe e disegna un grande scenario. il certificato di morte del giovane Vasili Neamtu, il figlio della supertestimone che inchiod Mailat per l’omicidio del 30 ottobre 2007 alla stazione di Tor di Quinto. Quel foglio apparso pochi giorni fa in un’aula di tribunale, dove un giudice aspettava quel ragazzo per sapere se Mailat avesse dei complici. Come molti continuano a sospettare tuttora.



E’ una morte strana, quella del giovane Vasili. Per le circostanze in cui è avvenuta e anche per le ripercussioni che avrà sull’inchiesta riservatissima della procura di Roma sui presunti complici di Romulus Mailat, le belve che assalirono, depredarono e uccisero una signora che tornava a casa, Giovanna Reggiani, moglie di un alto ufficiale della Marina Italiana. Vasili era il cugino di Mailat, ma era anche il figlio di Emilia, la supertestimone che la mattina dopo il terribile stupro consentì alla polizia di arrivare a Mailat, che poi la corte d’appello ha condannato all’ergastolo. Lui, l’assassino che sconvolse la città con la sua inaudita violenza, si difese accusando proprio Vasili. Lo indicò come un killer spietato, forse cercava una vendetta.



E ora nel processo in cui lo stesso Mailat deve rispondere di quella calunnia, si scopre a sorpresa che Vasili è morto, proprio nel giorno in cui doveva testimoniare contro il suo accusatore. Doveva presentarsi in aula il 20 dicembre scorso, ma l’hanno aspettato invano. Il difensore di Mailat, l’avvocato Piero Piccinini, ha informato la corte che i familiari del suo cliente lo avevano chiamato dalla Romania per riferire che Vasili era morto in «circostanze violente». E suo fratello Ilia ha aggiunto in un italiano stentato: «Vasili sta morto a Prima Porta, polizia non ha voluto dire di più». L’avvocato Piccinini prova a interpretare: «Probabilmente voleva dirmi che Vasili è seppellito a Prima Porta, anche se non credo che si riferisse al cimitero. E il fatto che se ne sia occupata la polizia potrebbe confermare che la morte è avvenuta in circostanze violente». Piccinini conosce qualche dettaglio in più, probabilmente appreso dal suo cliente, oppure nell’ambiente della comunità rom insediata a Prima Porta: «Mi hanno parlato di una rapina alla quale avrebbe partecipato Vasili Neamtu. Che poi sarebbe stato ucciso con un colpo in testa sparato da un complice». Un’esecuzione, dunque. Almeno secondo questa versione. Ma se è andata così, quel colpo a bruciapelo deve essere stato sparato lontano dal luogo della rapina e lontano da occhi indiscreti, perché il nome di Vasili Neamtu non compare nell’archivio di polizia e carabinieri con i nomi delle vittime di reati violenti degli ultimi mesi. Eppure rimane da spiegare quella frase del fratello di Vasili: «Polizia non ha voluto dire di più..».



L’unica certezza riguarda il decesso. A fornirla è stato Mario Pesci, il vice procuratore onorario che è pubblico ministero nel processo per calunnia: si è procurato il certificato di morte di Vasili Neamtu e pochi giorni fa, all’ultima udienza, lo ha consegnato al giudice: «Probabilmente era al corrente dei dettagli dell’omicidio, ma non sarà in questo processo che ce ne occuperemo», chiarisce Pesci. Piuttosto sarà la Procura di Roma, perchè il sostituto Bice Barborini non ha mai smesso di cercarle, le belve che erano con Mailat. Glielo chiese espressamente la corte d’assise d’appello che inasprì la condanna per il romeno, trasformando in ergastolo la sentenza di primo grado a ventinove anni di carcere. Fu nel secondo processo che venne riproposta con forza la testimonianza di un certo Nicolaie Clopotar. Il quale riferì quanto appreso dal suocero di Mailat, Obedei Dorin, lo stesso che in Romania utilizzava tranquillamente il telefonino sottratto alla signora Reggiani nella terribile sera del delitto. Obedei Dorin avrebbe raccontato a Nicolaie che quella notte Romulus Mailat era con altre due persone, con le quali era andato a rubare cavi di rame intorno alla stazione. E insieme uccisero e stuprarono. La madre di Vasili vide tutto e accusò solo Mailat. Forse perché almeno uno degli altri due non se la sentiva di indicarlo. E il terzo, adesso, potrebbe aver deciso di chiuderli la bocca per sempre.



(ha collaborato Michela Allegri)
© RIPRODUZIONE RISERVATA